“Vogliate perdonare i toni, ma sono quelli di una famiglia delusa e sfiduciata che sperava di essere tutelata dallo Stato italiano, ma purtroppo così non è stato”. Ha esordito così, Dario Iacovacci, fratello di Vittorio, il carabiniere di scorta ucciso con l’ambasciatore Luca Attanasio in Repubblica Democratica del Congo il 22 febbraio 2021. Ha parlato così davanti alla Commissione Diritti Umani del Senato che a distanza di due mesi dall’audizione di Salvatore Attanasio, ha voluto ieri ascoltare il fratello maggiore del carabiniere scelto Vittorio Iacovacci.
“Ad oggi l’unico dato certo è che nulla, nulla è stato fatto. L’assenza del governo in sede processuale ha avuto un sapore amaro per tutti noi”. Sono parole dure, le sue, mai sopra le righe, sempre rispettose ma da cui traspare profondo rammarico. Accompagnato dall’avvocato Vania Passiatore, Iacovacci ha voluto ricordare chi era suo fratello, la sua “umanità nel quotidiano”, le origini umili, la famiglia “che ci ha educati all’importanza del lavoro e ci ha trasmesso i valori della vita”.
“Quel 22 febbraio – ha proseguito Iacovacci – non poteva essere vero, non doveva esserlo. Pensavo a uno scambio di persona, speravo in uno scambio di persona, ci ho sperato fino all’ultimo”. E ha poi ribadito con forza: “Noi non ci rassegniamo all’impossibilità di fargli giustizia. A lui, che per lo Stato c’è sempre stato, che credeva in quella missione. Vittorio serviva l’Italia. Era pienamente consapevole del suo incarico in Congo e quali fossero tutti i rischi connessi alla missione. Proprio per questo sono certo che avesse manifestato a chi di dovere le criticità emerse durante il viaggio a Goma e durante tutta la missione, ma evidentemente si è deciso di procedere in quelle condizioni. Qualcuno ha deciso di procedere in quelle condizioni”.
Iacovacci ricorda il non luogo a procedere deciso dalla Gup Marisa Mosetti, per l’immunità diplomatica riconosciuta ai due funzionari Pam con conseguente difetto di giurisdizione, ma “in questa sede voglio esprimere anche a nome della mia famiglia tutto il rammarico e il disappunto per quanto accaduto in questi mesi nell’aula del tribunale penale. Non so quale rappresentante del nostro governo o con quale mezzo avrebbe potuto e dovuto esprimersi. Ad oggi l’unico dato certo è che nulla, nulla è stato fatto in questo senso. Pur nella consapevolezza che entrano in gioco questioni sovranazionali, non possiamo tuttavia dimenticare che sono caduti due servitori dello Stato italiano nell’adempimento del loro dovere. L’assenza del governo in sede processuale ha avuto un sapore amaro per tutti noi, non soltanto perché non si è schierato a fianco dei familiari delle vittime, ma anche e soprattutto perché così facendo ha negato la dignità, l’onore a quei giovani uomini che sono morti per servire il loro Paese. Abbiamo promesso a Vittorio di fargli giustizia e non saremo sereni fin quando così non sarà. Non riusciamo a darci pace e non vogliamo che ciò avvenga, anche per proteggere chi come lui sceglie di giurare fedeltà alla patria”.
Iacovacci insiste sulle misure da introdurre affinché, almeno, una tragedia simile non si ripeta. “Abbiamo appreso dell’introduzione di un funzionario addetto alle missioni dei carabinieri in ambasciata. Bene, questa è solo una delle tante cose che si possono fare per garantire la sicurezza ai nostri uomini all’estero, che più e più volte si sono trovati a gestire situazioni estremamente complesse ed è solo per buona sorte che le cose sono andate bene. Ed è per questo che in questa drammatica vicenda tutti hanno delle responsabilità. L’ambasciatore aveva chiesto un rafforzamento della scorta, purtroppo di fatto mai concesso e non so ad oggi quale sia stato il motivo di tale scelta. Resta il fatto che Vittorio quel giorno era solo a garantire la sicurezza. Chiedo quindi che questo mio sfogo sia uno spunto di riflessione per tutti voi, spero che eventi simili non accadranno più. Non auguro a nessuno il dolore che la mia famiglia ogni giorno affronta con silenzio e dignità. E mi auguro che si possa arrivare alla verità e a punire chi ha permesso e chi ha programmato l’attentato del 22 febbraio 2021 a mio fratello Vittorio. Continuo – conclude – a riporre ancora una volta tutta la fiducia possibile nello Stato italiano, al quale anch’io ho giurato fedeltà”.