Se non si tratta di una rottura definitiva poco ci manca. A una settimana dal voto di fiducia del Parlamento europeo sulla nomina di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione, da Fratelli d’Italia fanno sapere che non ci sono, al momento, le condizioni per un appoggio alla capa di Palazzo Berlaymont. L’accordo che sembra ormai siglato con Ppe, Socialisti, liberali di Renew e anche Verdi offre relativa sicurezza alla politica tedesca e questo ha fatto sì che i Conservatori, e in particolar modo Giorgia Meloni, non fossero più fondamentali per il raggiungimento di una maggioranza parlamentare. La decisione definitiva verrà presa solo dopo l’incontro tra von der Leyen e il gruppo, il 16 luglio, ma dalle parole del capogruppo Nicola Procaccini e dalle indiscrezioni circolate nelle ultime ore sembra che quella tra Ecr e la candidata di punta del Ppe sia una distanza difficile da colmare.

La scelta delle famiglie europee verrà consegnata alla storia giovedì 18 luglio, alle 13, quando i 720 europarlamentari saranno chiamati a dare il proprio appoggio o meno alla nomina di Ursula von der Leyen alla guida della nuova Commissione Ue. Il voto è segreto e le sorprese, tra franchi tiratori e strategie interne, non sono mai mancate, ma secondo gli ultimi calcoli la politica tedesca gode di uno scarto di 69 voti che includono già i partiti dei gruppi in suo sostegno che hanno espresso una posizione diversa da quella della propria famiglia politica, non dando sostegno alla Spitzenkandidatin popolare. Un margine che le dovrebbe garantire la rielezione.

Così, dopo il corteggiamento degli ultimi mesi e il ‘tradimento‘ di Giorgia Meloni nel corso dell’ultimo Consiglio europeo, almeno così è stato interpretato negli ambienti più conservatori del Ppe e dalla stessa von der Leyen, Fratelli d’Italia sembra aver deciso di rimanere ufficialmente all’opposizione. “Al momento non ci sono le condizioni per votare von der Leyen – ha detto Procaccini a margine della Conferenza dei presidenti del Parlamento europeo – Ad oggi, in base alla piattaforma programmatica che abbiamo letto, questa mi sembra che sia troppo simile a quella degli ultimi cinque anni e quindi se abbiamo dato un giudizio critico questo ci porta verso un voto negativo”. Le porte non sono totalmente chiuse, ma trovare un’intesa a questo punto sembra complicato: “Dobbiamo ancora incontrare von der Leyen – ha aggiunto – Poi quello è un voto diverso da tutti gli altri perché è un voto che è figlio di un accordo tra governi dove il nostro si è astenuto. Questo significa che è una decisione che verrà presa anche in base alle indicazioni che verranno dalla prima ministra”. L’incontro del 16, richiesto da Ecr e non da von der Leyen, a conferma del fatto che la candidata del Ppe ha in mente un’alleanza diversa da quella con i Conservatori, sarà l’ultima occasione per strappare delle concessioni: “Se facciamo questo incontro è perché vogliamo sentire delle cose da von der Leyen”.

Nessun veto, comunque, sulla candidata tedesca. Procaccini ha assicurato che nel gruppo è stata lasciata libertà di scelta sul sostegno o meno a von der Leyen. Così sarà interessante capire, analizzando i numeri, se all’interno dei Conservatori emergeranno partiti che le forniranno appoggio. Informazioni che dovranno essere confrontate, poi, con le concessioni fatte. L’Italia è sicuramente uno dei Paesi che più ha da perdere da uno scontro con la presidente della Commissione, dato che al Berlaymont si sta giocando deleghe importanti per Roma. Che però, al momento, è fuori dall’accordo per un secondo mandato von der Leyen. Dopo la Conferenza dei capigruppo, Manfred Weber (Ppe), Iratxe Garcia Perez (S&D), Valerie Hayer (Renew) e Terry Reintke (Verdi) si sono riunti per un vertice supplementare. È questa quella che potrebbe divenire la ‘maggioranza Ursula’ allargata a sinistra, con l’esclusione di Ecr. Anche perché Verdi, Socialisti e Renew erano stati chiari già mercoledì: non ci sarà alcun appoggio a von der Leyen in caso di accordo con Conservatori, Patrioti o Sovranisti.

Questa esclusione trova in parte conferma anche nelle parole di Procaccini che nelle sue dichiarazioni attacca la mossa del presidente del Ppe, Manfred Weber, in realtà uno dei principali sostenitori di un’alleanza a destra, di predisporre un cordone sanitario nei confronti del nuovo gruppo di Viktor Orbán che, così, sarà penalizzato riguardo agli incarichi all’Eurocamera: “Siamo una destra moderata, lo eravamo e lo siamo – sostiene – Per noi la nascita di nuovi gruppi a destra non cambia nulla. Più gruppi abbiamo sul lato destro del Parlamento e meglio è per noi. Continuiamo a pensare che il cordone sanitario sia un abominio democratico, vale per l’estrema sinistra come per l’estrema destra. È una cosa che ci teniamo a dire e non prenderemo mai, come Ecr, una posizione rubata all’estrema sinistra o all’estrema destra”.

Da questa conventio ad excludendum non viene penalizzato comunque il gruppo conservatore. Anzi, ha potuto godere di maggior spazio di manovra e trattativa sugli incarichi parlamentari. Per questo ha ottenuto “due vicepresidenze del Parlamento europeo e la presidenza delle commissioni Agricoltura (Agri), Bilancio (Budg) e Petizoni (Peti)”. Adesso, però, per loro e in particolar modo per l’Italia, sta per iniziare la partita più importante, quella per il posto nella nuova Commissione Ue. Qui si deciderà quanta influenza avrà il governo di Giorgia Meloni nei prossimi 5 anni a Palazzo Berlaymont.

X: @GianniRosini

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