A inizio mese la Banca Mondiale ha riclassificato la Russia: sulla mappa che divide il mondo in Paesi a basso, medio-basso, medio alto e alto reddito (in base a quello nazionale lordo pro capite), la Federazione risulta “high income”, (alto reddito), la stessa designazione perduta dopo l’annessione della Crimea nel 2014. Sono gli ultimi calcoli dell’organizzazione che attribuisce la crescita progressiva dell’economia di Mosca ad aumento della spesa militare, ripresa del commercio e mercato edilizio e finanziario. È un dato che però ha fatto storcere il naso a molti economisti, in primis, per l’inflazione che ha assottigliato la capacità economica dei consumatori e distrutto alcuni interi settori dell’economia di Mosca.

La Federazione ha saputo adattarsi al nuovo corso e far fronte alle sanzioni imposte dall’Occidente, ma con investimenti in stile soviet nel settore legato alla Difesa, dove qualcuno ha guadagnato più degli altri: sarebbero 80, anzi 81, secondo il media investigativo Proekt, i miliardari che traggono enormi profitti rifornendo l’esercito russo (tra l’altro, producendo acciaio per gli armamenti o veicoli anfibi) o facendo affari nei territori annessi durante il conflitto. Solo 34 magnati della lista sono stati sanzionati, alcuni solo dall’Ucraina e non dal blocco dei suoi alleati. Dall’inizio del conflitto alcuni oligarchi hanno fatto più profitti degli altri e la cifra ha raggiunto la vetta di 11,3 miliardi di dollari. È quanto hanno accumulato i tycoon russi della guerra di Mosca, secondo i dati (pubblici) analizzati da Bloomberg: una decina di tycoon ha ottenuto un trilione di rubli di dividendi nel 2023. Il re Mida della guerra è diventato Vagit Alekperov, nonostante le dimissioni del 2022 dai vertici della Lukoil: per lui oltre due miliardi di dollari di profitti. A seguire Aleksey Mordashov, 148 miliardi di rubli (quasi due in dollari) e poi Vladimir Lisin, oltre un miliardo. Alekperov è sotto sanzioni proprio come Mordasov (le misure restrittive sono arrivate da Stati Uniti, Unione Europea e Gran Bretagna).

Intanto rimangono in pancia delle banche e istituti europei quasi 300 miliardi di dollari in asset russi congelati. Se verranno confiscati – come stabilito dall’ultimo G7 in Puglia – e usati per emettere prestiti per 50 miliardi di dollari da inviare a Kiev, come più volte richiesto dal governo Zelensky, l’Arabia Saudita ha pronta la rappresaglia e minaccia di vendere i bond degli Stati occidentali. Lo ha resto noto il ministero delle Finanze di Mbs agli omologhi occidentali proprio mentre valutavano la rischiosa mossa finanziaria, che potrebbe allarmare e mettere in fuga tutti gli investitori stranieri.

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