“La Francia si prepara a formare un governo con diversi partiti (evitandone accuratamente uno). È una buona notizia, perché in Belgio abbiamo acquisito una certa esperienza in questo campo. Ecco alcuni consigli utili”. Lo stallo politico, e senza precedenti per la Quinta Repubblica, in Francia ha sollevato l’ironia benevola della stampa belga (con una buona dose di autoironia). È ormai quasi una settimana, dal ballottaggio delle Legislative anticipate di domenica scorsa, in cui nessun blocco politico ha ottenuto la maggioranza assoluta, che la Francia si trova con un governo dimissionario, in carica cioè per il disbrigo gli affari correnti nell’attesa che i vari partiti riescano a trovare un accordo di coalizione.

Il tutto in un clima di ipertensione, orgogli feriti, frecciate, nervosismi, divisioni, ripicche, incapacità al dialogo, oltre che di sondaggi a ripetizione, che sfiora il dramma esistenziale. Inoltre, siamo a pochi giorni da un evento sportivo mondiale, come le Olimpiadi (che iniziano il 26). Un tempo che sembra lunghissimo ai francesi, abituati e fieri dei loro governi solidi e stabili: a proposito di sondaggi, secondo l’ultimo di Odoxa, il 61% di loro si è detto appunto “insoddisfatto” delle recenti elezioni, che hanno portato il Paese in territori inesplorati. Il quotidiano belga Le Soir ha quindi pubblicato un breve tutorial, che vi proponiamo di leggere, per sdrammatizzare un po’, e che è stato ripreso in Francia da Le Figaro.

In Belgio ci sono voluti più di 600 giorni per arrivare ad un governo pienamente funzionante, nel 2020, un record assoluto per il Paese che già nel 2010 era rimasto senza esecutivo per 541 giorni. Vista da Bruxelles, la crisi di Parigi appare dunque poca cosa, riconosce anche la stampa francese. Consiglio numero uno di Le Soir: restare zen. “Sappiate che all’inizio nessuno vorrà governare insieme – si legge –. Durante la campagna elettorale, come avete potuto vedere, si sono insultati e detestati copiosamente e hanno pronunciato dichiarazioni definitive del tipo “o loro o noi”. Non lasciatevi impressionare”.

Consiglio numero due: cominciare con una coalizione di pochi partiti, due o tre al massimo. “Conosciamo la vostra tendenza alla magniloquenza, ma non si diventa belgi al primo tentativo. Il record mondiale, che ovviamente deteniamo, è fissato a sette, ma questo pone altri problemi”. Quell’ampia coalizione a sette partiti di orientamento politico diverso fu soprannominata “Vivaldi” (anche in Belgio c’era stato un “cordone sanitario” e il partito dell’estrema destra è sempre rimasto escluso da ogni coalizione). ll giornale belga consiglia anche di trovarsi una bella scenografia per sancire il futuro accordo, come un castello non lontano da Parigi o nella valle della Loira “dove ce ne sono di carini”. Ai politici e alla stampa francese propone anche di cominciare “a contare i giorni”: “Quando le discussioni si trascinano troppo, imparate a contare i giorni. Potete arrivare fino a 541: all’inizio fa un po’ paura, ma la situazione finisce sempre col sistemarsi”.

Infine si consiglia alla Francia di “trovarsi un arbitro”. Loro, i belgi, hanno il re: “Sicuramente il punto più delicato, per conciliare i punti di vista”. Il tutorial si chiude così: “Se neanche tutto questo funziona, i belgi francofoni spesso minacciano di unirsi alla Francia come ultima risorsa. Provate a fare il contrario, potrebbe fare molta paura”. France Info ha sentito il giornalista Bernard Demonty, autore dell’articolo: “Ci siamo detti che, qui a Bruxelles, questa situazione politica ci accompagna da molto tempo – ha osservato -. Calmatevi, non è poi così grave! Noi abbiamo attraversato crisi lunghissime, non è dopo tre giorni che ci si deve innervosire”.

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