Per fortuna abbiamo Legambiente che, ogni anno, ci ragguaglia sull’andamento dei reati ambientali, ricordandoci che nel 2023 sono aumentati del 15,6 % specie nel Mezzogiorno. Così come sono aumentati sequestri ed arresti. Cè da dire, però, che si tratta di numeri certamente inferiori al reale in quanto sono, ovviamente, relazionati ai controlli sul territorio, sicuramente inadeguati. Ed è quindi logico che si riscontri una forte presenza di reati nel ciclo delle costruzioni abusive in quanto più facilmente evidenziabili mentre, per i reati di inquinamento vero e proprio, occorre tener presente che molto spesso essi possono essere rilevati solo attraverso indagini tecniche, a volte molto complesse, che richiederebbero organi specializzati, oggi assolutamente inadeguati.
Se certamente preoccupa la crescente illegalità nel ciclo dei rifiuti, è anche certamente vero che, in questo settore, si tratta molto spesso di violazioni formali o di poco conto reale mentre i veri traffici illeciti restano quasi sempre nell’ombra e spesso vengono quantomeno tollerati. Anzi, a volte si finge maggiore severità mentre, in realtà, si tratta di premi agli inquinatori.
Recentemente, ad esempio, l’abbandono di rifiuti, che era un illecito amministrativo, è stato “elevato” a reato contravvenzionale, quindi punibile penalmente; ma, in questo modo, si sono complicati gli accertamenti anche per casi semplici, dando peraltro modo al contravventore di non sporcarsi la fedina penale effettuando una modesta oblazione o addirittura di non pagare nulla adducendo la particolare tenuità del fatto. Nelle statistiche del prossimo anno, pertanto, è probabile che si riscontrerà un aumento di questi reati (che prima erano illeciti amministrativi) che, tuttavia, non avrà alcun significato ai fini di un reale beneficio per l’ambiente.
Peraltro, a prescindere da tutto, l’aspetto più scandaloso, oltre all’assenza di controlli, è la connivenza dello Stato con leggi di favore per i grandi inquinatori. Basta pensare al caso dell’Ilva dove l’Italia, nonostante le condanne in sede comunitaria, da anni viola tutti gli obblighi comunitari a tutela di ambiente e salute, e addirittura emana leggi nazionali proprio per eluderli.
Ed occorre anche tener presente che, nel settore degli inquinamenti, non ci sono solo le violazioni per acqua, aria e rifiuti, ma anche per i rumori (basta pensare alle movide estive) dove abbiamo una legge che, in realtà, è del tutto inadeguata e prevede limiti che nessuno controlla e nessuno rispetta, lasciando solo il debole e incerto argine del codice penale (art. 659) per chi disturba le occupazioni o il riposo delle persone.
In questo quadro, giustamente Legambiente auspica che venga recepita al più presto la nuova direttiva Ue per la tutela penale dell’ambiente la quale riconferma le nove ipotesi di reato già delineate nell’art. 3 della Direttiva del 2008, e ne aggiunge altre nove, le quali, come si legge nella relazione introduttiva, “presentano un rischio potenzialmente elevato per la salute umana e per l’ambiente e possono avere ripercussioni negative particolarmente gravi sull’ambiente e sulla società”.
Avremo modo di riparlarne ma, sin da ora, vale la pena di evidenziare che la nuova direttiva opportunamente non si riferisce a violazioni meramente formali, ma richiede sempre il danno o un pericolo di danno (“danno probabile”) purché sia “sostanziale e non sia “trascurabile”, prevedendo pene certamente non miti.
Tuttavia, occorre ricordare che, se da un lato occorrono sanzioni adeguate e proporzionate il vero problema, oltre ad una rielaborazione e semplificazione complessiva della normativa ambientale, è la non applicazione delle leggi ed evitare che si giunga alla extrema ratio del diritto penale. Nel settore importantissimo dei rifiuti, ad esempio, dovrebbe vigere il principio stabilito dalla gerarchia comunitaria, secondo cui “il miglior rifiuto è quello che non viene prodotto”, totalmente dimenticato dal nostro paese che si accanisce, invece, a discettare di termovalorizzatori i quali, comunque, hanno sempre un certo impatto sull’ambiente e di sicuro non favoriscono il risparmio delle risorse naturali e l’economia circolare. Nello stesso quadro “il miglior reato è quello che non viene commesso”, così come propone appunto, la nuova direttiva.