Alcuni dei limiti delle attuali tute degli astronauti potrebbero essere superati da un nuovo progetto, che prende ispirazione dalla fantasia di Frank Herbert, autore dei volumi di Dune. I primi prototipi, descritti sulla rivista Frontiers in Space Technology, sono stati realizzati dagli scienziati della Cornell University, guidati da Christopher E Mason e Sofia Etlin.

Per le missioni di attività extraveicolare, gli astronauti attualmente dispongono di una sacca che contiene massimo un litro di acqua potabile, e sono costretti a espletare i propri bisogni in un panno multistrato super assorbente, simile ai pannolini per bambini. In questo modo, però, le attività extraveicolari non consentono il riciclo dei liquidi e spesso la disponibilità d’acqua non è sufficiente per gli astronauti, specialmente per le missioni più lunghe. Utilizzato già nei modelli degli anni ’70, il panno assorbente sembra inoltre aumentare il rischio di infezioni del tratto urinario e disturbi gastrointestinali.

Gli autori hanno cercato di rispondere alle esigenze di confort e igiene degli astronauti, prendendo ispirazione dalle tute distillanti utilizzate dagli abitanti del deserto di Dune. Nei libri di Frank Herbert, oggi anche pluripremiate pellicole, questi dispositivi permettono agli di raccogliere i fluidi corporei, dal sudore alla minzione, filtrarli e trasformarli efficacemente in acqua potabile. “Il nostro progetto – riporta Etlin – comprende un catetere esterno basato sul vuoto che porta a un’unità combinata di osmosi diretta-inversa, che assicura una fornitura continua di acqua potabile con molteplici meccanismi di sicurezza per garantire il benessere degli astronauti”.

“Le passeggiate spaziali – aggiunge Etlin – possono durare fino a 24 ore in caso di emergenza, e gli astronauti attualmente possono contare solo su un litro d’acqua. Non è sufficiente”. Il team ha quindi ideato un dispositivo in grado di raccogliere e riciclare efficacemente l’urina. Gli esperti hanno realizzato un indumento intimo con diversi strati di tessuti flessibile e un recipiente in silicone che si adatta ai genitali. Gli esperti hanno rivestito la parete interna del contenitore con microfibra di poliestere o con una miscela di nylon e spandex. In questo modo i fluidi raccolti vengono allontanati dal corpo dell’astronauta e vengono convogliati verso un’area interna del recipiente. Una pompa viene quindi attivata da un meccanismo legato a un idrogel assorbente.

Il sistema di filtraggio, sottolineano gli scienziati, permette un’efficienza di riciclaggio dell’87 per cento. L’acqua purificata viene arricchita di elettroliti e convogliata nella sacca destinata al consumo. L’intero processo permette di raccogliere e filtrare 500 millilitri di urina in soli cinque minuti. Il dispositivo finale raggiunge delle dimensioni di 38 x 23 x 23 cm, e un peso di circa otto chilogrammi. Le pompe di controllo, i sensori e lo schermo a cristalli liquidi sono alimentati da una singola batteria da 20,5 V. Questi parametri permettono perciò l’implementazione del sistema sul retro delle tute spaziali.

I ricercatori sperano di valutare il prodotto in contesto di laboratorio per simulare la microgravità e, successivamente, in condizioni reali, durante le prossime passeggiate spaziali. Pensato per gli astronauti che raggiungeranno la Luna e Marte nel prossimo decennio, questo sistema potrebbe rendere molto più agevoli le attività extraveicolari. “Il nostro progetto – conclude Mason – è pronto per essere testato nei modelli e nelle simulazioni. Questo passaggio è fondamentale per garantire la funzionalità e la sicurezza del dispositivo prima che venga utilizzato nelle prossime missioni spaziali”.

Lo studio

Foto: Karen Morales

Valentina Di Paola

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