I giudici della Corte d’assise d’appello di Roma hanno assolto Marco Mottola, suo padre Franco, ex comandante della caserma di Arce, e la madre Anna Maria Serenza Mollicone. Assolti anche Vincenzo Quatrale, all’epoca vice maresciallo e l’appuntato dei carabinieri Francesco Suprano. La sentenza è stata accolta in un silenzio irreale. Franco e Marco Mottola, visibilmente commossi, hanno abbracciato gli avvocati. “Sono molto amareggiata. Questa non è giustizia” ha detto invece Consuelo, la sorella di Serena Mollicone. Lo zio di Serena, Antonio, ha chiesto “che si faccia di tutto per arrivare alla giustizia. Ho il dovere, come cittadino italiano e zio di Serena di fare in modo che emerga la giustizia pro Serena perché fino ad ora non è ancora emersa”. La famiglia Mollicone è stata condannata al pagamento delle spese. “Giustizia è fatta” per Franco Mottola, metre il figlio Marco si è rivolto ai giornalisti dicendo: “Avete causato voi questo incubo”.
L’accusa e la requisitoria – L’accusa aveva chiesto la condanna del maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, a 24 anni, di sua moglie Annamaria, a 22 anni, e del loro figlio Marco, a 21 anni. Aveva chiesto invece l’assoluzione degli altri due imputati. Nel corso delle repliche il pg aveva affermato che Serena “è rimasta per molte ore in stato di incoscienza, dopo essere stata scaraventata contro la porta della foresteria della caserma dei carabinieri di Arce, prima di essere soffocata. Forse gli imputati hanno pensato che morisse da sola ma poi l’hanno dovuta finire con il nastro adesivo“. Nelle conclusioni della requisitoria l’ufficio del procuratore generale, così come avvenuto nel corso del processo di primo grado a Cassino, aveva richiamato il parallelismo tra la tragica morte di Serena e quella di Marco Vannini, il giovane che fu ferito a morte a Ladispoli, in provincia di Roma, nel 2015 da un colpo di pistola mentre era a casa della sua fidanzata, Martina Ciontoli, esploso dal padre di quest’ultima, Antonio.
“Abbandonata nel bosco” – Per l’accusa, invece, dopo che Marco Mottola fece sbattere la testa della ragazza contro una parta delle foresteria della caserma dell’Arma, nessuno mosse un dito, non fu soccorsa e, di fatto, lasciata morire e poi abbandonata nel bosco dove venne ritrovata. Secondo l’impianto accusatorio Franco Mottola, mise in atto il piano per ‘coprire’ il figlio, sbarazzarsi del corpo e, nel corso delle prime indagini a lui affidate, depistare.
Secondo secondo l’accusa, la morte di Serena è, comunque, legata ad una azione ‘concorsuale’ di tutta la famiglia Mottola. “Tutte e tre l’hanno soffocata con il nastro adesivo – aveva detto in aula il pg -. Abbiamo valutato la possibilità che la condotta sia stata posta in essere solo da due componenti della famiglia e che il terzo si sia limitato ad assistere. In ogni caso questa persona dovrà rispondere di omicidio con condotta omissiva perché sapeva cosa stava avvenendo e non ha fatto nulla per salvare Serena”.
Il 15 luglio 2022 il processo in primo grado fini con l’assoluzione degli imputati. Procura e parte civile avevano fatto ricorso contro il verdetto. Lo scorso ottobre la Corte d’assise d’appello di Roma aveva riaperto il processo accogliendo la richiesta della procura generale di sentire una serie di testimonianze. E i testimoni uno dopo l’altro sono venuti a raccontare quello che avevano sentito o visto o che gli era stato riferito. Ma anche in secondo grado le conclusioni dei magistrati non sono cambiate.