È l’estate dei sogni quella del 1984 per i club di Serie A. Napoli impazzisce quando si realizza quello che porta Maradona al San Paolo, il Torino invece prende Leo Junior (strappandolo alla Longobarda, verrebbe da dire), il Milan regala ai tifosi Wilkins, la Fiorentina fa il colpo Socrates, l’Inter invece fa arrivare in Italia Rumenigge. Non vuole essere da meno l’Atalanta, neopromossa in Serie A dopo aver vinto il campionato cadetto con Sonetti. Il presidente Bortolotti guarda al Nord Europa, alla Svezia in particolare, prendendo due calciatori: il più affermato è Glenn Peter Stromberg, centrocampista già molto conosciuto, grazie alla Coppa Uefa vinta nel 1982 col Goteborg, al gol rifilato all’Italia nelle gare di qualificazione all’Europeo del 1984, al campionato appena vinto col Benfica. Per quasi due miliardi di lire il club bergamasco lo porta in nerazzurro. Stromberg è un regista, ci vuole pure un attaccante: l’Inter ha preso Rumenigge e dunque ha Hansi Muller in uscita, sarebbe una buona occasione, ma la trattativa si impantana e non se ne fa nulla. Allora la dirigenza nerazzurra guarda ancora in Svezia, facendo una scommessa: si chiama Lars Larsson, detto Lasse, e dopo aver stupito tutti col Trelleborg nell’ultimo anno è stato capocannoniere in Svezia con la maglia del Malmo.

Un buon investimento: mezzo miliardo di lire per un attaccante di 22 anni già nel giro della nazionale. La Dea è un’ottima squadra, con dentro giovani promettenti del calibro di Roberto Donadoni e Marco Pacione, calciatori più esperti come Andrea Agostinelli ed Enrico Vella. La campagna acquisti porta Stromberg, Larsson e Osti: si accende l’entusiasmo, col record di abbonati al Comunale, più di diciassettemila.

Larsson, però, arriva fuori condizione: mentre Stromberg si mette subito in luce in Coppa Italia, contro Taranto e Sambenedettese, Lasse gioca pochi scampoli di gara, per poi subire un gravissimo infortunio ai legamenti (forse già in condizioni precarie all’arrivo a Bergamo), che lo farà tornare in campo solo nel mese di gennaio. Eppure nello spogliatoio e in città Lasse si guadagna la simpatia e la stima di compagni e tifosi: è un bravo ragazzo, si fa voler bene, e a Bergamo trova anche moglie, sebbene si inizi a malignare, al solito, sul suo arrivo e sullo scarso utilizzo. Dicono sia il cugino di Stromberg, ma è ovviamente falso.

Mette piede in campo in Serie A per la prima volta contro l’Inter, negli ultimi minuti, e tutto ciò che riesce a racimolare sono 3 scampoli di partita e una sola gara da titolare, senza gol, contro l’Ascoli. Gol che arriva invece nella Mitropa Cup, quando segna con un bel tocco di destro sottomisura contro gli slavi dell’Iskra Bugojno il gol vittoria, tuttavia non utile alla conquista del trofeo. La stagione della Dea sotto la guida di Sonetti è buona: arriva un decimo posto finale senza particolari problemi per la salvezza, con l’unico rimpianto della Mitropa Cup. Le gerarchie create sembrano tuttavia consolidate: l’attacco nerazzurro è affidato a Pacione. Dunque Lasse spinge per tornare in patria, al suo Malmo dove vince due campionati diventando una leggenda, tanto che gli viene dedicato anche un treno del trasporto pubblico, il pagatag 085. È scomparso nel 2015, stroncato da una malattia scoperta solo un mese prima che non gli ha lasciato scampo.

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