Dopo il flop di Joe Biden nel dibattito televisivo con Donald Trump, una sentenza “mostruosa” della Corte Suprema degli Stati Uniti – la definizione è del segretario alla Giustizia dell’Amministrazione Obama, Eric Holder – altera ulteriormente la corsa alla Casa Bianca a favore del magnate ex presidente. E, quasi a favorire il rivale, il presidente ci mette del suo tra gaffes e balbettii, mentre intorno a lui è tempesta fra i democratici: un partito “nel panico” o “in Purgatorio” – le citazioni sono dei media ‘liberal’ Usa -, con notabili come Nancy Pelosi – una che di ottuagenari se ne intende: ha 84 anni – e donatori, congressman e stelle di Hollywood come George Clooney che chiedono da Biden di farsi da parte.
Ma lui, per il momento, sostiene di essere il candidato più qualificato per battere Trump, che, mentre lui affronta mille impegni, “non fa nulla, gioca a golf”; anzi, dice, è “l’unico” che può farlo. Nell’attesissima conferenza stampa di ieri sera, lunga quasi un’ora e con 11 domande alla chiusura del Vertice Nato, nel 75° anniversario del Trattato dell’Atlantico del Nord, il presidente non molla e resta in lizza: mostra una competenza sui dossier che il presidente francese Emmanuel Macron gli riconosce pubblicamente; ma vigore e concentrazione non sempre lo sorreggono.
La via giudiziaria anti-Trump ostruita dalla Corte Suprema
A questo punto, la via alla Casa Bianca è solo politica: quella giudiziaria è stata ostruita. I processi, ben tre, che attendono Trump per reati federali non potranno di sicuro iniziare prima delle elezioni del 5 novembre e potrebbero non essere mai celebrati, perché la sentenza della Corte Suprema autorizza Trump, se sarà di nuovo presidente, a ordinare al Dipartimento della Giustizia di revocare le accuse ed, eventualmente, a concedersi la grazia.
La Corte Suprema, con verdetti tutti formulati con criteri politici – i sei giudici conservatori, di cui tre scelti da Trump, a favore; i tre progressisti contro -, ha anche messo paletti alle inchieste contro le migliaia di facinorosi protagonisti dell’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021. Nell’opinione di minoranza in dissenso, la giudice Sonia Sotomayor ne mette in risalto le potenziali conseguenze: un presidente potrebbe intascare mazzette in cambio d’una grazia o d’un provvedimento legislativo; inscenare un colpo di Stato per restare al potere – come, in fondo, avvenne il 6 gennaio 2021 – o ordinare l’uccisione di un rivale politico, senza potere essere mai chiamato a risponderne.
E gli avvocati del magnate hanno pure chiesto di annullare la condanna nel processo a New York per avere tenuto celate agli elettori, con mezzi illeciti, informazioni a lui pregiudizievoli durante Usa 2016. I legali sostengono che la condanna contrasta con la sentenza della Corte Suprema, che riconosce al presidente l’immunità per gli atti pertinenti al suo mandato, anche se i fatti contestati sono tutti avvenuti prima che Trump divenisse presidente. Il verdetto sulla pena, che doveva essere pronunciato ieri, è intanto slittato al 18 settembre.
Oltre che giocare a golf, come dice Biden, Trump continua a fare campagna e dovrebbe presto annunciare il suo vice, in vista della convention repubblicana la prossima settimana. Oggi, gli fa visita a Mar-a-lago in Florida il premier ungherese Viktor Orban, che porta avanti la sua ‘diplomazia alternativa’ rispetto ai colleghi europei, dopo essere stato a Kiev, Mosca e Pechino.
Biden la sfanga in conferenza stampa, tra lapsus e balbettii
Le conferenze stampa in solitaria sono merce rara della presidenza Biden. Quella di ieri è la prima dall’inizio dell’anno e la prima dopo il dibattito con Trump, la 37° in assoluto nel mandato (meno d’una al mese); ed è una prova delicata, con tutti gli occhi puntati addosso, attenti non tanto a quello che Biden dice, ma a come lo dice. Lui è netto: “La gravità della situazione” internazionale richiede la sua esperienza.
La conferenza stampa deve proprio dimostrare che ha la lucidità e la tempra per battere Trump e pure per reggere un secondo mandato; e che il dibattito è solo stato un incidente di percorso. Il prologo, per il comandante-in-capo di 81 anni, non è brillante. A un evento sull’Ucraina che precede l’incontro con i giornalisti, introduce al pubblico “il presidente Putin”; poi si corregge subito, “Il presidente Zelensky”. E scherza: ”Sono così ossessionato dall’idea di battere Putin che lo vedo ovunque”. Anche Zelensky scherza: “Io sono meglio”.
Nel giudizio dei media Usa, Biden passa il test, ma non cancella le perplessità. Quando cita la sua vice Kamala Harris, gli scappa “vice-presidente Trump”; confonde il comandante-in-capo, che è lui, con il capo di Stato Maggiore; cita male i sindacati; parla di “duemila posti di lavoro creati nell’ultima settimana” quando sono oltre 200 mila – un ottimo risultato per lui -.
I grandi media ‘liberal’ danno giudizi analoghi: “Piccoli errori, ma non uno; e tali da suggerire che momenti come quelli del dibattito possono ripetersi. La prestazione lascia i democratici in una sorta di purgatorio, con Biden che si sente legittimato ad andare avanti e le perplessità sulla sua tenuta che restano”. Solo Politico è drastico: “Goodbye-den”, scrive facendo un incastro di parole tra ‘goodbye’ e Biden, come dire “Arrivederci, Biden”.
Biden, notizie positive da economia e sondaggi
Dall’economia arrivano notizie positive, ma ancora interlocutorie: l’inflazione continua a calare dopo i picchi di due anni or sono, ma per eventuali tagli del costo del denaro la Federal Reserve attenderà settembre.
Anche i sondaggi non sono negativi quanto temuto: un rilevamento Ipsos per Washington Post e Abc dà Biden e Trump pari al 46% fra gli elettori registrati, come ad aprile. Il dato contrasta, però, con l’insieme dei sondaggi post-dibattito, dove Trump risulta avere 3,5 punti di vantaggio su Biden, Inoltre, per Ipsos, due terzi degli americani, inclusa una maggioranza di democratici, ritiene che il presidente dovrebbe ritirarsi dalla corsa alla Casa Bianca: per il 67% dovrebbe fare un passo indietro, per l’85% è troppo anziano per un secondo mandato.