Scuola

Basta cellulari in classe: Valditara, il ministro del “c’era una volta”

Devo ammetterlo. Lo dico senza offesa per le persone anziane dalle quali ho imparato e continuo ad apprendere valori esistenziali preziosi ma il ministro Giuseppe Valditara, 63 anni, talvolta mi fa tenerezza proprio come quelli che si ritrovano al circolo dell’Mcl o dell’Arci e tra una giocata a scopa e l’altra ricordano i tempi in cui se andavi a casa e dicevi alla mamma che avevi preso una nota “prendevi pure il resto” o fanno memoria della pagella cartacea o ancora del vecchio diario.

L’annuncio (perché in realtà i documenti non ce li ha mostrati) di una circolare che obbligherà al ritorno “del diario di una volta dove il bambino segna a penna che cosa deve fare e i compiti a casa per riabituare i nostri ragazzi a scrivere, al rapporto con la penna e con la carta”, ha qualcosa che non ha a che fare con la pedagogia ma con una pratica didattica nostalgica.

Illudersi che i bambini e i ragazzi si appassioneranno alla scrittura perché saranno costretti a scrivere i compiti sul caro vecchio diario è davvero un atto malinconico. Quasi dolce. A parte che, con buona pace dell’ex ministro Francesco Profumo che grazie al cielo introdusse il registro elettronico, i maestri e le maestre non hanno mai perso l’abitudine di far scrivere sul diario i compiti.

Ma questa circolare in fondo fa bene al cuore perché ci fa pensare ad un ministro che ama quella Scuola d’un tempo, all’immagine dell’insegnante che dice: “Segnate. Venerdì 8 ottobre. Studiare pagina ventiquattro del libro di storia e fare l’esercizio a pagina quindici”. In realtà dovremmo aprire una seria parentesi sul tema compiti ma non è il momento. La preoccupazione vera è invece che il professore pensa seriamente (forse) che il rapporto con la penna e la carta si recuperi così.

Allo stesso modo per la gioia dei nostalgici del tempo in cui non c’era il cellulare (che sono poi quelli che lo adoperano ininterrottamente e hanno l’ultimo modello) il ministro ha annunciato una circolare che vieta dal prossimo anno scolastico l’utilizzo del cellulare a qualsiasi scopo, anche didattico, “perché io non credo – ha detto Valditara – che si faccia buona didattica con un cellulare fino alle scuole medie”. Parole che hanno fatto esplodere di gioia i detrattori del digitale.

Per fortuna il ministro che qualche mese fa aveva dichiarato di voler levare anche i tablet ha fatto un passo indietro ma sul telefonino, nulla da fare. Fa niente se alle 15.43, a lezione finita, i bambini hanno in mano il cellulare. L’importante è vietarlo a scuola. Un atteggiamento, quello del ministro, dis-educativo perché è proprio alla Scuola che spetta il compito di educare. E che piaccia o meno alla generazione Valditara e anche a me (che fatico a restare aggiornato) i ragazzi usano i cellulari, talvolta bene, altre male.

Dal Ministero mi aspetterei un piano di formazione all’uso didattico dei cellulari, dell’AI, dei tablet, etc in modo da offrire ai ragazzi delle opportunità evitando che lo adoperino solo per chattare. Il cellulare come ogni altro strumento può essere un’occasione per fare scuola: con i miei ragazzi di quarta primaria ho organizzato un corso sulla fotografia digitale facendo portare loro l’oggetto incriminato.

Dal governo, piuttosto, mi aspetterei degli accordi seri con le società che gestiscono i social per inserire dei dispositivi che limitano l’accesso e proteggono i minori perché i genitori spesso sono i primi ad essere analfabeti digitali. Ma non è così. A Valditara quel “una volta” piace troppo.