Secondo il New York Times, L’amica geniale di Elena Ferrante è al primo posto tra i 100 migliori libri del ventunesimo secolo. Il countdown del celebre quotidiano statunitense è finito. Davanti a Le correzioni di Jonathan Franzen, a 2666 di Roberto Bolano, a Non lasciarmi del premio Nobel della letteratura Kazuo Ishiguro, o ad un fenomeno politico letterario tutto statunitense come Colson Whitehead e il suo The countdown railroad, svetta lindo e pulito My brilliant friend. Questo il titolo in americano di L’amica geniale con la traduzione di Ann Goldstein, pubblicato negli Stati Uniti dalla Europa Editions nel 2012.
Un fenomeno critico e commerciale, come spiegano dalla casa editrice E/O a FQMagazine, da quasi due milioni di copie vendute negli Stati Uniti e da oltre due milioni e duecentomila in Italia. Il NYT descrive il libro elevandolo sul gradino più alto del podio sottolineando che si tratta del primo volume di quella che sarebbe diventata l’avvincente serie di quattro libri con protagoniste “due ragazze cresciute in un quartiere povero e violento di Napoli: la diligente e rispettosa Elena e la sua carismatica e selvaggia amica Lila, che nonostante la sua feroce intelligenza è apparentemente limitata dai magri mezzi della sua famiglia”. “Da lì il libro (come la serie nel suo insieme) si espande in modo propulsivo come l’universo iniziale, comprendendo idee su arte e politica, classe e genere, filosofia e destino, il tutto attraverso un’attenzione dedicata all’amicizia conflittuale e competitiva tra Elena e Lila mentre crescono e diventano adulte complicate”, motivano ancora i critici del NYT.
“L’amica geniale è radicata come uno dei principali esempi di cosiddetta autofiction, una categoria che ha dominato la letteratura del 21° secolo. Leggere questo romanzo intransigente e indimenticabile è come andare in bicicletta sulla ghiaia: audace, imprevedibile, teso, tutto allo stesso tempo”. Gianluigi Simonetti nel cruciale saggio enciclopedico su narrativa e poesia dell’Italia contemporanea – La Letteratura circostante (Il Mulino)- spiega senza troppi fronzoli che nell’Amica geniale “la trama è fondamentale, scarse le preoccupazioni linguistiche, inesistenti le digressioni”. E ancora: “l’impianto generale del suo ciclo, come molti hanno notato, sembra rifarsi insieme al vecchio feuilleton e insieme alla nuova serialità televisiva (…) nei romanzi della Ferrante non si finge complessità, semmai si cerca di semplificare il difficile”.
Ferrante, peraltro, è tradotta dalla Goldstein – una colonna storica del New Yorker, colei che ha tradotto tra gli altri Primo Levi negli Usa – fin dai tempi di I giorni dell’abbandono (2004). Il mistero che aleggia attorno alla reale identità della scrittrice napoletana è comunque tema appassionante e continuamente aggiornato anche negli Stati Uniti. Del resto l’identità dell’autrice dell’Amica geniale è un segreto persino per Goldstein che ha contribuito molto a rendere fruibile la lingua semplice e diretta della Ferrante e a farle assurgere fama mondiale, sebbene in vent’anni le due donne si siano scambiate una manciata di e-mail.
Non che Ferrante si sia sottratta a qualche intervista, sempre via e-mail, per mantenere comunque il suo benedetto e celebre isolamento dal reale, ma a farle da tramite, pardon da “gatekeeper” (guardiana, insomma, e mai termine fu più appropriato), curandole la corrispondenza è la sua curatrice di lunga data, Sandra Ozzola, condirettrice con il marito Sandro Ferri della casa editrice italiana Edizioni E/O. Nemmeno Michael Reynolds, caporedattore di Europa Editions ha mai incontrato Ferrante: “Non sono per niente interessato a questo tipo di questione e non lo sono stato fin dal primo giorno”. Reynolds ha spiegato che per 10 anni a nessuno importava dell’identità della Ferrante, ma quando l’interesse è aumentato questa sua misteriosa assenza/presenza è diventata soprattutto “una creazione dei media”. Anche se, appunto, ai lettori sembra interessare poco che dietro Ferrante si celi Anita Raja, traduttrice e redattrice della E/O o suo marito, lo scrittore Domenico Starnone. Quello che è contato per arrivare ad un tale successo negli Usa lo spiega Joumana Khatib sempre dalle colonne del New York Times: “nell’ultimo decennio le copie di L’amica geniale, ma anche dei libri precedenti e successivi della Ferrante, erano ovunque: in qualunque borsa che oscillava in metropolitana, in spiaggia, in aeroporto era impossibile non imbatterti in uno dei suoi tascabili color pastello”.