Il doppio fallo. L’errore più beffardo del tennis. Il più facile da realizzare e doloroso da sopportare. È quello che appare a metà del terzo set, sul 3-3, e che fa nuovamente sbattere Jasmine Paolini sull’ultimo ostacolo per la gloria. Dopo il Roland Garros, anche la finale di Wimbledon rappresenta un momento amaro. Forse anche più di quello vissuto a Parigi. Iga Swiatek infatti è per tutte un’avversaria insormontabile sulla terra rossa parigina, il “mostro finale” per eccellenza. Barbora Krejcikova invece è una rivale dal tennis meraviglioso, contro cui si può perdere (è comunque sempre una campionessa Slam), ma che era anche tutt’altro che invincibile, soprattutto sull’erba.

Alla fine a fare la differenza sono state la tensione del momento storico (in particolare nel primo set sostanzialmente non giocato), le fatiche sopportate durante la semifinale contro Donna Vekic (quasi tre ore di battaglia) e la maggior varietà del gioco della ceca, brava a irretire la lucchese nei punti chiave. Una sconfitta in tre set che consente a Krejcikova di tornare ad alzare un trofeo del Grande Slam tre anni dopo il Roland Garros. Il secondo titolo Major della carriera è anche il primo sull’erba e l’ottavo in assoluto, per un balzo in classifica clamoroso. Dal numero 31 del mondo alla decima posizione.

Questo grande rammarico per Paolini però non cancella due settimane inimmaginabili, clamorose. Va ricordato infatti che prima di questa edizione l’azzurra non aveva mai vinto una partita ai Championships. Quello messo in fila con Sara Sorribes Tormo, Greet Minnen, Bianca Andreescu, Madison Keys, Emma Navarro, Donna Vekic e Barbora Krejcikova rappresenta un percorso comunque storico. Non può essere definita altrimenti la prima finale a Wimbledon per il tennis femminile italiano. È quindi un nuovo orizzonte per Paolini, la prova che la finale al Roland Garros non è arrivata per caso o per qualche combinazione eccezionale.

Non c’è solo una crescita esponenziale alle spalle, ma proprio un cambio di marcia inaspettato, raggiunto con talento e soprattutto con una grande personalità. Quel requisito che nessuno ti può insegnare e che l’ha spinta a lottare sempre fino all’ultimo punto, anche in questa finale, annullando due match point alla Krejcikova prima di cedere a una grande prima di servizio esterna. Grazie a Paolini l’erba di Wimbledon non è più una superficie aliena per il tennis femminile italiano, ma una nuova terra di conquista che attende solo di essere domata nel minor tempo possibile.

Un altro motivo per vedere il bicchiere mezzo pieno risiede nel ranking. Paolini è ora numero 5 del mondo e vede la quarta posizione di Elena Rybakina, lontana circa 800 punti. Superarla nei prossimi mesi vorrebbe dire eguagliare il piazzamento record di Francesca Schiavone nel 2011. Milleduecento punti che valgono ancora di più nella Race. L’azzurra è addirittura terza. Ormai le Wta Finals di fine anno sono praticamente certe. Ma prima di tutto ci sono le Olimpiadi di Parigi. Le finali al Roland Garros e Wimbledon sono benzina pura in vista di questo grande appuntamento. Paolini ritroverà i campi in terra rossa che sono stati teatro del suo primo exploit Slam un mese fa, e non è in dubbio che proverà ancora una volta a mettere insieme un puzzle per afferrare la medaglia d’oro.

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