Il nome di Gunkanjima non dirà nulla a nessuno. Eppure ci fu un tempo in cui questa isola nel distretto di Nagasaki, in Giappone, ebbe una sua rilevanza, ed anzi avrebbe meritato di essere conosciuta in tutto il mondo, se non altro perché era il luogo più densamente abitato sulla Terra. La ragione? Perché sotto l’isola vi era un giacimento di carbone ed allora – si parla del 1887 quando iniziò la colonizzazione, prima l’isola era disabitata – il carbone era il motore dell’industria. L’estrazione continuò fino al 1974, dopodiché Gunkanjima fu completamente abbandonata e la natura iniziò a riprendersi i manufatti.

Ma, al di là di questa singolare vicenda, la storia dell’uomo sottoterra alla ricerca dei minerali che gli servivano sopra la terra, la storia dell’uomo-talpa, ha un suo fascino, anche se talvolta è stata legata ad immani tragedie: quella di Marcinelle insegna. Ha un suo fascino, anche in considerazione del fatto che buona parte delle miniere di un tempo, le piccole miniere – del resto le esigenze ed i mezzi a disposizione non giustificavano né consentivano grandi opere – sono diventate una sorta di museo e luoghi di accompagnamento per persone che vogliano approfondire questa particolare storia.

Un esempio è l’ecomuseo delle miniere della Val Germanasca, nelle Alpi Cozie Centrali. Questa premessa, anche per sottolineare l’attrattiva di una pubblicazione recentemente edita per i tipi della LarEdizioni, Alla scoperta delle miniere della Valle d’Aosta. Escursioni tra storia e natura, opera che coniuga aspetti geologici, storia e presente delle miniere della Valle.

Perché scrivere un saggio sulle miniere e sui percorsi escursionistici che ne permettono la visita? Perché, come dicono gli autori, Piero Rossanigo e Claudio Trova, nell’introduzione: “La risposta è immediata solo che si pensi che le stesse sono luoghi di per sé affascinanti: scavi, impianti e manufatti che consentono di scendere nelle viscere della terra per raggiungere tesori indispensabili all’evoluzione tecnologica sono certamente intriganti.” Questo a tacere del fatto che le immagini che se ne possono trarre, magari non scientemente, rientrano in quella corrente fotografica denominata Urbex (abbreviazione di urban exploration) il cui oggetto sono le opere dell’uomo abbandonate e ricolonizzate dalla natura. E giusto in Valle d’Aosta di siti minerari ne furono scoperti e coltivati parecchi: alcuni anche famosi come Cogne, per l’estrazione del ferro, altri molto meno, come le miniere d’argento di La Thuile.

L’opera è quindi una pregevole guida nella storia e nella natura. Ma essa ha anche una qualche valenza di attualità visto che nello scorso mese di giugno il governo ha approvato un decreto legge avente lo scopo di accelerare e semplificare le procedure autorizzative per l’apertura di nuove miniere al fine di estrarre sul nostro territorio materie prime, essenzialmente legate alla green economy, che attualmente acquistiamo dall’estero. È un po’ la traduzione in pratica di ciò che sosteneva Guillaume Pitròn nel suo La guerra dei metalli rari, in cui concludeva affermando che l’economia verde non dovrebbe essere una nuova forma di colonizzazione.

Rispetto però all’epoca in cui furono aperte in Valle d’Aosta, le nuove miniere saranno sicuramente molto impattanti sul territorio e la sensibilità degli abitanti soprattutto nelle valli alpine non è più quella di un tempo. Presumibilmente non sarà così semplice aprire nuovi buchi, inoltrarsi nelle viscere della terra.

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