La ricostruzione del calcio italiano si basa tutta su una parola. E a pronunciarla è stato il presidente della Figc Gabriele Gravina. Per dissipare le tenebre calate sul pallone tricolore dopo la rovinosa sconfitta contro la Svizzera serve la luce dell’inclusività. “Dobbiamo allargare la base dei selezionabili” ha spiegato il numero uno della Federcalcio. L’idea è chiara: ampliare il più possibile il bacino di pesca nella speranza di prendere all’amo qualche nuovo talento. E per riuscirci è necessario rimpinguare il numero di bambini che si avvicina a questo sport. Il punto è che per centrare l’obiettivo non basta moltiplicare le scuole calcio, ma bisogna renderle più accessibili. Un concetto che a marzo era stato espresso anche da Beppe Marotta, uno che di mestiere fa il presidente dell’Inter. “Quando terminerà il mio contratto con il club mi occuperò solo dei giovani – aveva detto allora – sono sempre più convinto che far pagare lo sport ai giovani sia sbagliato: dovrebbe essere gratuito, perché così si riuscirebbero a coinvolgere anche le famiglie povere, quelle in cui si nascondono i campioni, come accadeva una volta”.

Un’idea perfetta nell’iperuranio platonico ma che deve scontrarsi con una realtà completamente differente. I giocatori tesserati dalla Figc sono diminuiti nel corso degli ultimi 12 anni. Eppure le nuove leve che provano ad affacciarsi a questo sport si trovano subito uno sbarramento davanti. E gli ostacoli sono per lo più di natura economica. Iscriversi a una scuola calcio, infatti, costa. Anche parecchio. Il punto di partenza sono i ferri del mestiere. La forbice è così ampia che si spazia dai 50 ai 279 euro per un paio di scarpini. Poi però arriva la parte più difficile. Ossia orientarsi nel labirinto delle scuole calcio. La scelta più economica resta l’oratorio, dove con un paio di centinaia di euro si riesce a strappare un corso per un semestre o più. Qui però a volte l’attività sportiva ha un sapore quasi amatoriale. E in un mondo ultracompetitivo il fascino delle scuole calcio è in continua crescita.

Roma è una delle città più care per chi vuole iniziare a tirare i primi calci. Nel quadrante compreso fra piazza Bologna e la Stazione Tiburtina, per iscrivere un bambino in una società storica, diventata “scuola d’elite” della Figc, servono 790 euro l’anno (la quota comprende assicurazione, iscrizione e kit sportivo). Nel quartiere di San Giovanni, invece, una gloriosa società romana è diventata affiliata dell’Inter. Con tanto di claim: “La scuola calcio dei campioni d’Italia”. Si tratta di un progetto “esclusivo su scala nazionale” dove i Centri di Formazione Inter “propongono a tutti i bambini e bambine un corso di attività motoria dove gli iscritti sono seguiti in tutto il percorso da istruttori qualificati e dottori in Scienze Motorie“. In più “i Responsabili Tecnici Inter effettuano sopralluoghi ed allenamenti dimostrativi, supervisionano l’attività degli istruttori, svolgono corsi di aggiornamento e formazione”. Un’occasione importante, anche se i costi per i bambini nati fra il 2017 e il 2018 sono abbastanza alti. Un’annata nel “Settore giovanile più titolato d’Italia” costa infatti 770 euro. Tra Castel Fusano e la Cristoforo Colombo, invece, sorge la scuola calcio di una leggenda come Francesco Totti. Per una stagione nella Soccer School del Capitano, però, servono 990 euro. Per un’immedesimazione ancora maggiore c’è la l’AS Roma Scuola Calcio, che si pone l’obiettivo di “formare la prossima generazione di Giocatori e Giocatrici dell’AS Roma”. Solo che i prezzi cominciano a essere importanti: per una stagione, infatti, sono necessari ben 1250 euro.

A sorpresa Milano si rivela meno cara della capitale per quanto riguarda l’avviamento al pallone. Il prezzario per accedere alla scuola calcio ufficiale dell’Inter, ad esempio, è molto variegato. Si va dagli 830 euro della struttura in via Cilea fino ai 900 di quella situata in via Cazzaniga. Poco fuori città le quote sono completamente diverse: per la scuola calcio nerazzurra a Solero (a 25 chilometri dal capoluogo meneghino) servono 700 euro, per quella a Bonate Sotto (in provincia di Bergamo) ne bastano 500, mentre a Pavia si viaggia sui 630 euro. Piccola curiosità: la stessa scuola calcio dell’Inter a Reggio Calabria costa 850 euro. A largo Balestra, invece un’annata in una società che fa parte dell’universo Milan Academy per i nati fra il 2016 e il 2019, ha un costo di 430 euro, a cui deve essere sommata però la spesa per il materiale tecnico e il kit griffato Puma. Per l’iscrizione alla scuola calcio dell’Accademia Atalanta, invece, ci vogliono 700 euro, mentre un caso particolare è quello del Brera, che organizza una scuola calcio non competitiva dove si paga in base alla frequenza del corso con prezzi che variano dai 600 euro per il monosettimanale ai 1100 per il trisettimanale.

Napoli invece si colloca nel mezzo. Un’annata in una scuola calcio affiliata all’Udinese in zona Vomero costa 670 euro (kit compreso), esattamente quanto in una storica società di San Giorgio a Cremano. Ma la nuova vera frontiera sono i campus, o clinics. Si tratta di stage estivi organizzati dai grandi club per dare ai più piccoli la sensazione di far parte di società che hanno scritto la storia del calcio, arrivando anche a vestire la loro maglia. E tutto a peso d’oro. Un po’ football academy, un po’ villaggio vacanze, questi mini raduni vanno sold out in poche ore. Nelle scorse settimane il Real Madrid ha organizzato il suo campus a Roma. Nel pacchetto erano previste due sessioni di allenamento al giorno con gli allenatori della Fundación Real Madrid Clinics, 1 kit originale del Real, un pallone, l’analisi delle prestazioni con scorecard personalizzata, il pranzo e la possibilità di qualificarsi alle finali nazionali. Tutto a partire da 329 euro. Spesso, però, queste iniziative sono organizzate fuori dalla città, in modo da diventare dei veri e propri centri estivi. Una settimana in Valle d’Aosta (con tanto di pernottamento) con il Milan Junior Camp ha un costo base di 895 euro. A salire. La società Experience Summer Camp ha creato un altro tipo di format: il campus che si svolge contestualmente al ritiro della squadra, offrendo così la possibilità di interagire con i propri beniamini. Una settimana a Vigo di Fassa con il Genoa costa 890 euro. Per cinque giorni a Dimaro o Castel Di Sangro con il Napoli bisogna sborsare 640 euro. Sette giorni con il Monza costano 670 euro. Mentre per cinque giorni con la Fiorentina ne bastano 490. Situazioni più vicine al business che all’effettivo insegnamento del calcio. E forse per questo il progetto di Marotta è destinato a restare una splendida utopia.

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