C’è la ‘cultura del silenzio’ che fa tacere per consuetudine ciò che dovrebbe essere invece raccontato. Il silenzio, unico e non riproducibile, dei cimiteri. Il silenzio dei più poveri che nessuno si prende la briga di ascoltare. Il silenzio dei padri, in genere incompreso e quello delle madri in attesa. Il silenzio dei complici di iniquità. Il silenzio di chi acconsente a ciò che la maggioranza ha deciso. Il silenzio di chi non vuole esporsi per evitare di incorrere in problemi, critiche o persecuzioni. Il silenzio dell’autocensura di chi dovrebbe scrivere e informare sugli abusi del potere.

Il silenzio dei profeti e dei veggenti cooptati dal regime della narrazione unica della verità. Il silenzio degli uomini di Dio che hanno smarrito l’origine e la sacralità della parola. Il silenzio che accoglie e custodisce il dolore della dignità ferita. Il silenzio di chi non ha più nulla da dire perchè smarrito dall’abuso della violenza senza un volto. Il silenzio delle lacrime di chi ha visto tradite le speranze di un mondo nuovo.

C’è il sussurro della brezza del mattino che si avvolge attorno alle preghiere abbandonate nelle mani dei mendicanti. Il sussurro delle parole che tessono ogni giorno una realtà differente. Il sussurro della paziente attesa della pace e la giustizia che tardano ad arrivare. Il sussurro di chi non ha dimenticato di stupirsi della bellezza nel sorrriso di un bimbo. Il sussurro della pioggia che feconda la terra e il seme sparso. Il sussurro del fiume che scorre verso il mare. Il sussurro del segreto di una vita vissuta in pienezza. Il sussurro del passato che suggerisce al futuro come inventare il presente. Il sussurro dei desideri mai formulati e di quelli dimenticati. Il sussurro dell’utopia che resiste alla tentazione di scomparire. Il sussurro dei cospiratori che non abbandonano la follia di un mondo ancora da scoprire. Il sussurro di un’amicizia sincera. Il sussurro del vento che inciampa tra gli i rami degli alberi. Il sussurro, lieve, di una verità liberata dalla paura.

Ci sono, infine, le grida. Le tre grida che risuonano come cori di canti lontani offerti a chi ha gli occhi e orecchie per ascoltare. Le grida di chi è stato forzato a scappare dalla propria terra e dalla propria patria che è la lingua. Le grida di che cerca un rifugio e si trova, di colpo, senza le radici che lo sostenevano per dare una direzione al suo cammino. Le grida di chi, cercando lontano ciò che non trovava accanto, ha smarrito l’orizzonte del suo destino. Le grida di coloro che sono minacciati, feriti, uccisi e abbandonati da chi dovrebbe proteggerli. Le grida di coloro che sono buttati nel deserto o che il mare avvolge e copre per sempre. Le grida dei naufraghi e quelle di coloro che le politiche e le ideologie dominanti hanno estromesso dalla storia.

Le prime grida sono di ribellione per una società che ha tradito quanto aveva loro promesso. Le seconde grida sono quelle della sofferenza generata dall’ingiustizia, la violenza e la menzogna. Le ultime grida, infine, sono quelle di un parto che fa nascere un mondo ancora tutto da creare.

Niamey, luglio 2024

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