Diritti

“Il centro estivo ci ha chiesto di pagare l’educatore per nostro figlio autistico. E siamo stati redarguiti per le troppe ore”: le continue discriminazioni delle famiglie che hanno bimbi con disabilità

I Centri ricreativi estivi (Cre) non inclusivi per i minori con disabilità sono una realtà diffusa su tutto il territorio italiano. A sostenerlo sono le associazioni che difendono i diritti delle persone con disabilità. Uno dei problemi principali è la mancanza di operatori educativi per l’autonomia e la comunicazione, in particolare nell’assistenza personale ai bambini con disabilità intellettive, deficit cognitivi-relazionali, disturbi dello spettro autistico ma non solo. Ulteriore disagio molto grave è rappresentato dai costi elevatissimi da sostenere per le famiglie, costrette ad assumere un educatore formato quando i centri non ne forniscono, aspetto che sarebbe un diritto da garantire a chi ne ha necessità per la propria condizione di fragilità.

Le storie delle famiglie che hanno subito episodi di discriminazione – Quando hanno iniziato a cercare un centro estivo comunale per il loro figlio, si sono trovati davanti difficoltà grandissime. “Pagatevi l’educatore ci hanno detto dal centro estivo. Increduli e arrabbiati ci siamo informati meglio e abbiamo scoperto che la spesa per l’assistenza di nostro figlio autistico non spettava a noi genitori ma toccava al Comune di residenza”. A denunciarlo a ilffattoquotidiano.it è Lucrezia Lovo, mamma di un bambino di 7 anni, abita a Cuceglio, in provincia di Torino. “Ci siamo rivolti all’avvocato Andrao per tutelare i nostri diritti”, spiega Lovo, “e dopo una prima sua mail al nostro Comune, veniamo presto convocati e ci dicono che non spetta a loro fornire l’educatore, oltre al fatto che non ci sono soldi”. La legge prevede che l’assistenza al minore disabile nei Cre deve essere comunque garantita. Intanto il bambino è costretto a rimanere a casa diversi giorni escluso dal centro con il padre che ha dovuto prendere continui giorni di permesso a disposizione dalla legge 104 (congedo parentale). Alla fine “grazie solo all’intervento dell’avvocato”, ne è convinta la mamma, qualcosa è stato concesso ma briciole rispetto a quanto occorre.

Nella nostra ultima riunione ci sono state prospettate poco più di due settimane su due mesi di apertura del centro. Ci siamo inoltre sentiti dire che 4 ore di socializzazione al giorno sarebbero certamente bastate per nostro figlio autistico e addirittura siamo stati pure ‘redarguiti’ perché nessuno finora aveva fatto richiesta di assistenza per tutte le 8 settimane di operatività”, dichiara Lovo. Per vedere riconosciuti i loro diritti “siamo costretti a ricorrere al Tar per poter avere quello che hanno tutti i bambini che non hanno una disabilità: la libertà di poter stare con gli altri, di poter imparare e scoprire. A nostro figlio questa possibilità è stata negata”. Altro caso di esclusione è quello che riguarda un bambino autistico di 10 anni di medio livello con difficoltà soprattutto a livello verbale e che dovrà fare la quinta elementare. Il padre, Giovanni Di Somma, si è rivolto a maggio, prima della fine dell’anno scolastico, al Comune di Pompei, dove risiedono, per fare richiesta di iscrizione al Cre.

“Il dirigente comunale degli Affari sociali ci aveva spiegato che c’erano sul territorio delle strutture a cui rivolgersi, ma poi dopo oltre un mese di colloqui e incontri di persona in diversi uffici, lo stesso dirigente ci ha fatto presente che non esistevano centri estivi comunali che avrebbero potuto assistere nostro figlio autistico”, dichiara a ilfattoquotidiano.it Di Somma. “Mi sono fidato in buona fede delle istituzioni locali, mi sono sentito preso in giro. In pratica mio figlio è stato rifiutato, dopo estenuanti rinvii e muri di gomma. E’ stata una esperienza molto brutta e spiacevole – aggiunge il papà che per la prossima estate si farà aiutare dalla Fish Campania nel trovare un centro idoneo ai bisogni del figlio – anche perché siamo famiglie che già affrontiamo tutti i giorni esperienze di vita assai complesse, le istituzioni che dovrebbero starci vicino e sollevarci da determinate attività non ci aiutano mettendoci a disposizione servizi pubblici esigibili secondo quanto prevede la legge. Queste esclusioni aumentano le diseguaglianze e le pari opportunità non esistono”, conclude.

“Le famiglie costrette a difendersi da odiose discrminazioni” – Le organizzazioni e gli esperti contattati da ilfattoquotidiano.it confermano che, a differenza di quanto avviene per il settore scolastico, non ci sono statistiche sul numero degli under 18 con disabilità che frequentano i centri estivi (pubblici, convenzionati, religiosi) e neanche su coloro che sono colpevolmente esclusi. “Pur mancando dati complessivi, accade frequentemente che l’inclusione dei bambini con disabilità nei centri estivi necessiti ancora di importanti miglioramenti in termini di accessibilità, adeguatezza delle strutture e sostegno economico alle famiglie”, denuncia Alessandro Chiarini, presidente del Coordinamento nazionale famiglie con disabilità.

I Cre devono essere accessibili e le proposte ludiche devono essere pensate per coinvolgere tutti i partecipanti. Solo attraverso un approccio personalizzato, flessibile e collaborativo è possibile garantire a ogni bambino di vivere appieno l’esperienza estiva. Senza report a disposizione il problema resta sommerso. “Purtroppo le famiglie di minori con disabilità sono spesso chiamate a difendersi da odiose discriminazioni. Se ad esempio il centro estivo nega l’accesso al proprio figlio, la famiglia può contestare tale decisione richiamando il diritto all’inclusione e alla non discriminazione”. Ancora una volta i genitori che lavorano e che hanno figli minori non autosufficienti sono i più colpiti. Queste famiglie vivono situazioni difficilissime una volta terminato l’anno scolastico (a giugno) fino a quando riprendono le lezioni in classe a settembre. Molte sono obbligate per tre mesi ad arrangiarsi, trovano ripieghi occasionali, chiedono l’aiuto di parenti a partire dai nonni, a volte arrivano persino a indebitarsi per poter pagare i costi degli operatori specializzati.

Ilfattoquotidiano.it ha descritto in passato diversi casi di discriminazioni subite dai minori con disabilità e dalle loro famiglie. Un nodo su cui ogni anno torna a fare luce la Lega per i diritti delle persone con disabilità. Laura Abet, responsabile del Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi, ricorda che “tutti i Cre, che siano gestiti dal pubblico o dal privato, devono sempre garantire l’accesso ai minori con disabilità a parità di condizioni”. E in nessun caso devono esserci ulteriori aggravi a carico delle famiglie: “Gli eventuali costi aggiuntivi devono essere coperti dai Comuni e non dalle famiglie. Qualunque costo aggiuntivo, imputabile alla disabilità, richiesto alla famiglia deve essere considerato discriminatorio e quindi illegittimo”.

Tra i più penalizzati ci sono i minori autistici o con disabilità intellettive-cognitive. Giovanni Marino, presidente dell’Associazione nazionale genitori perSone con autismo (Angsa) che dal 1985 si occupa di difendere i diritti dei soggetti autistici, delinea un quadro complessivo per nulla virtuoso. “I centri estivi per i ragazzi con autismo (ma si può estendere il discorso anche a tutti coloro che hanno una disabilità, ndr) sono una realtà variegata dove prevalgono diverse criticità come la mancanza di personale idoneo, costi troppo elevati, carenza della presenza pubblica”.

Marino, che ha ben due figli autistici, aggiunge inoltre che garantire in generale a tutti questi ragazzi un breve periodo al mare o in montagna per le famiglie è un’impresa con spese spesso proibitive. “Di fatto”, dice il numero uno di Angsa, “l’intervento pubblico per l’inclusione ai Cre è insufficiente, oltre al fatto che le regole di iscrizione cambiano da Regione a Regione da distretto a distretto, sono differenti anche le capacità dei Comuni di assicurare finanziamenti adeguati e servizi dedicati”. A questa situazione suppliscono in molti casi le famiglie coordinando gli interventi dei vari enti dove possibile o gestendo i servizi in forma autonoma. “Insomma, come spesso succede in Italia, prevale il fai da te. Il Ministero della famiglia ha previsto un fondo per sostenere i Cre rivolto ai Comuni che erogano contributi a strutture e cooperative che organizzano campi estivi per minori, ma non prevede alcuna indicazione rispetto a minori con disabilità o a favorire l’inclusione o incentivare la presenza di educatori”.

Per conoscere nel merito anche tutte le criticità denunciate dalle famiglie ma anche le realtà più inclusive, ilfattoquotidiano.it ha contattato Laura Andrao, avvocato esperta in diritto della disabilità e a capo di un’equipe multidisciplinare che assiste genitori e associazioni per una risposta globale ai bisogni. “I centri estivi non vanno visti come un semplice baby-sitting o una risposta alle necessità di lavoro genitoriali, che pur ci sono: bisogna considerarli come un vero e proprio laboratorio di mantenimento e di acquisizione di competenze”.

Tutto questo, spiega Andrao – che assiste anche Vorrei prendere il treno fondata da Iacopo Melio e la milanese Nessuno E’ Escluso – “è spesso negato o garantito solo in via residuale rispetto a quelli che sono invece le corrispondenti garanzie per i bambini senza disabilità”. E i costi per gli operatori sono elevatissimi. Secondo l’avvocato si possono raggiungere in moltissimi casi cifre intorno ai 3mila euro (circa 20 euro all’ora) per la copertura di un educatore dalle 8.30 alle 16.30, da lunedì a venerdì, per 4 settimane. “Quello che vedo quotidianamente è una mancata garanzia dei diritti all’inclusione per tutti e della partecipazione alla vita sociale fondamentale per il percorso di crescita, apprendimento e socialità di bambini e adolescenti fragili insieme ai loro coetanei”. Difficile fare una classifica delle realtà virtuose perché “ogni singolo Comune garantisce in maniera diversa l’inclusione ai centri estivi”.

Ma “quelli dove si concentrano le maggiori segnalazioni riscontrate nel mio lavoro di legale sono i Comuni del Friuli Venezia Giulia e Lazio, dove seguiamo diversi casi, mentre ad oggi ci risulta che i migliori sono gli enti locali dell’Emilia-Romagna dove viene garantita gratuitamente l’assistenza degli operatori in media almeno dalle tre alle cinque settimane”. Ma questo non basta rispetto alle esigenze e ai bisogni presenti sul territorio. I minori con disabilità hanno necessità di una figura educativa e a volte anche di mediazione linguistica come l’assistente alla comunicazione per i bimbi con deficit sensoriali: è una spesa a carico del Comune e il servizio non sempre è garantito. “Ogni Comune”, spiega l’esperta, “deve obbligatoriamente farsi carico di questa spesa. Segnalo invece un perenne mercanteggiare sia sull’erogazione delle ore di assistenza sia sulla frequenza. Spesso si chiede il contributo alla famiglia nel pagamento dell’educatore o ancora peggio si propongono percorsi non inclusivi, quasi ghettizzanti”.

I problemi sono presenti un po’ ovunque, non solo nei piccoli comuni che hanno poche risorse a bilancio. Cristiana Mazzoni, presidentessa del Forum italiano diritti e autismo (Fida) con sede a Roma, spiega al fattoquotidiano.it la situazione dei Cre nella Capitale. “A Roma i centri estivi sono di pertinenza dei Municipi che si muovono con tempi e modalità differenti gli uni dagli altri, generando un’offerta difforme e a macchia di leopardo da zona a zona”, dice Mazzoni. “In particolare”, aggiunge, “il 3° Municipio, quello più virtuoso, ha pubblicato il bando per gli enti gestori già nel mese di marzo, mentre il 7° solo a ridosso della chiusura delle scuole, mettendo in estrema difficoltà le famiglie che devono organizzare la gestione dei propri figli con disabilità grave durante l’estate”. Da quello che risulta alla numero uno di Fida a livello della provincia romana, “alcuni bambini e ragazzi con disabilità frequentano mentre altri sono in attesa del servizio”.