Il calcio mondiale parla spagnolo: poche ore dopo il trionfo della Roja nella finale europea di Berlino contro l’Inghilterra (2-1), ecco il sedicesimo successo dell’Argentina in Copa America, con l’1-0 sulla Colombia maturato al 112’ grazie al gol dell’interista Lautaro Martinez, ancora una volta entrato a match in corso e capocannoniere della manifestazione con 5 reti. Leo Messi, costretto a uscire in lacrime per infortunio, ha sollevato la coppa, diciannove mesi dopo il trionfo dell’Albiceleste nel mondiale in Qatar: a secco fino a 34 anni, il fuoriclasse di Rosario ha centrato tre trofei di fila.
Messi, l’età che avanza, la forma che scade e i problemi di gestione delle superstar impongono una riflessione, ma la prima questione sul tavolo è quanto emerso in questa Copa America, andata in scena negli Stati Uniti. Doveva essere una prova generale in vista della Coppa del Mondo 2026 che gli Usa organizzeranno insieme a Canada e Messico. E’ stato un disastro, tra campi di allenamento inadeguati, manti erbosi last minute, ritardi e la maxirissa di Uruguay-Colombia che ha coinvolto i giocatori, intervenuti nelle tribune per proteggere le famiglie.
In questa finale all’Hard Rock Stadium di Miami, è stato superato il limite della decenza. La partita è iniziata con 80 minuti di ritardo a causa del caos scoppiato ai cancelli, con il tentativo da parte di centinaia di tifosi colombiani sprovvisti di biglietto di entrare nello stadio. Ci sono stati scontri con la polizia e addetti alla sicurezza: il bollettino è ancora in alto mare, ma ci sono stati arresti e diversi feriti. A dilatare ulteriormente i tempi, ci ha pensato lo show, nell’intervallo, della cantante colombiana Shakira. Lo spettacolo, in pieno stile football americano, è durato 25 minuti. Morale: quasi due ore di ritardo in una partita durata 120’. Gli Stati Uniti, che poche ore prima avevano fatto i conti con l’attentato a Donald Trump, nonostante risorse e uomini continuano a collezionare figuracce. L’atto di accusa di Marcelo Bielsa, dopo la semifinale Uruguay-Colombia, è stato epico.
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Altra storia il match. La Colombia, imbattuta da 28 gare – ultimo ko proprio con l’Argentina il 2 febbraio 2022, nelle eliminatorie mondiali -, ha avuto un approccio migliore. Suggestionata dall’idea di vincere per la seconda volta il torneo, dopo il successo del 2001, la banda di Nestor Lorenzo ha sfiorato il vantaggio con il palo colpito da Cordoba. L’Albiceleste, con il modulo 4-4-2, Messi e Alvarez coppia d’attacco, Di Maria all’ultima esibizione in nazionale – 145 presenze in totale – e la linea mediana impostata sul trio Mac Allister–Fernandez–De Paul, ha avuto un lungo rodaggio. Nella ripresa, match più equilibrato e colombiani che hanno mostrato i primi segnali di stanchezza. Dopo un gol annullato a Tagliafico per fuorigioco, supplementari. Nell’extratime, la panchina di maggior valore dell’Argentina ha fatto la differenza. Il gol decisivo, al 112’, è stato figlio di un’azione tra due subentrati: assist di Lo Celso che aveva sostituito Fernandez, tocco inesorabile di Lautaro, spedito in campo da Scaloni al 97’ al posto di Alvarez. Messi aveva salutato con la caviglia gonfia in lacrime al 66’, rimpiazzato da Nico Gonzalez, tra i migliori in assoluto. La Colombia non ha avuto la forza di reagire. L’uscita di Angel Di Maria al 117’, con gli occhi arrossati dal pianto, ha scatenato la standing ovation dei tifosi argentini. Un pezzo di storia moderna dell’Albiceleste al passo di addio. Le lacrime sono diventate sorrisi al momento delle celebrazioni. Messi che ha sollevato la coppa con la felicità di chi non vuole mollare l’osso.
Una riflessione sul suo futuro in nazionale invece s’impone. Quanto accaduto al Portogallo, legato mani e piedi all’assolutismo di Cristiano Ronaldo, è illuminante. Lionel Scaloni, in carica dal 2018 e quattro titoli nel suo mandato – Copa America 2021 e 2024, Mondiale 2022, Finalissima 2022 –, si gode in queste ore l’ennesimo successo, ma, prima o poi, il momento delle grandi decisioni arriverà. Leo Messi, con un atto di enorme autoresponsabilità, magari con il compromesso di mettersi a disposizione, ma senza reclamare il posto garantito, potrebbe facilitargli il compito. Vedremo.