La Procura di Firenze ha chiesto alla gup Sara Farini di sollevare alla Corte costituzionale un nuovo conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nell’ambito del processo sulla fondazione Open, che vede imputati per finanziamento illecito ai partiti – tra gli altri – il leader di Italia viva Matteo Renzi, la deputata Maria Elena Boschi e l’ex ministro Luca Lotti. La giudice si è riservata la decisione e ha aggiornato l’udienza al 14 ottobre. Secondo quanto riferito dall’avvocato Federico Bagattini, uno dei difensori dell’ex premier, i pm Luca Turco e Antonino Nastasi contestano “la legittimità delle decisioni prese dal Senato e dalla Camera“, che nei mesi scorsi hanno respinto la richiesta della Procura di utilizzare chat e mail sequestrate a Renzi, Boschi, Lotti e al deputato Francesco Bonifazi. Le comunicazioni erano state rinvenute nel 2019 dai pm sui dispositivi di due finanziatori di Open (Vincenzo Manes e Marco Carrai) e nell’ambito della perquisizione disposta nello studio legale del presidente della fondazione, l’avvocato Alberto Bianchi.

I pm, in particolare, sostrengono che le Camere abbiano esorbitato dai loro poteri e valutato non correttamente le prerogative parlamentari garantite dalla Costituzione. Tutte le difese degli indagati si sono opposte alla sollevazione del conflitto, “rammentando che le decisioni in questa materia del Parlamento sono sovrane e intangibili“, spiega l’avvocato Bagattini. La Procura aveva chiesto al Parlamento l’autorizzazione successiva a utilizzare il materiale dopo che a luglio 2023 la Consulta, accogliendo un precedente conflitto di attribuzione – sollevato in quel caso dal Senato – aveva dichiarato l’illegittimità dei sequestri delle chat Whatsapp e delle mail, ricondotte alla nozione di “corrispondenza” tutelata dalla Carta (nonostante la giurisprudenza contraria della Cassazione) e quindi non acquisibili senza l’autorizzazione della Camera di appartenenza.

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