di Gaia Galimberti

Andare a un concerto di Taylor Swift richiede una certa preparazione. Qualcosa che ho scoperto nell’ultimo anno, nell’attesa che arrivasse finalmente la mia data, trascinata da una sorella che è decisamente più swiftie di me.

C’è la scelta dell’outfit da indossare, ispirato a una delle undici “ere”, possibilmente accompagnato da molti, ma proprio molti, brillantini. Quella dei braccialetti “dell’amicizia”, creati a mano dalle fan con le perline (c’è chi arriva a farne a centinaia), da scambiare con le altre swiftie il giorno del concerto. C’è anche da imparare una lunga lista di coretti e rituali, da dire dopo determinate strofe.

E, ovviamente, da ripassare tutte le canzoni della sua discografia. Perché sì, il The Eras Tour di Taylor Swift non è il classico tour che porta negli stadi l’ultimo album pubblicato, con qualche vecchio successo, ma un tour che ripercorre tutti e 11 gli album della sua discografia (o meglio, 10, il primo è purtroppo rimasto nel cassetto). Mica poco.

Per chi è sopravvissuto alla “battaglia” per la conquista di un biglietto, è finalmente giunto il momento. Le swifties italiane lo aspettavano da 13 anni, da quando Assago ospitò l’unica data nel nostro paese dello Speak Now World Tour, nel 2011. Ebbene, sabato 13 luglio si è aperta a Milano la prima delle due attesissime tappe, in una data che ha un po’ dello speciale: il 13, infatti, è il numero fortunato della cantante.

La mattina comincia la preparazione. L’outfit ispirato a Red ce l’ho, costruito senza troppo impegno con quello che avevo nell’armadio. Ma all’ultimo decido anch’io di realizzare qualche braccialetto dell’amicizia, giusto per calarmi nel mood. Poi si parte.

L’atmosfera dell’Eras Tour si respira subito all’ingresso della metro. Ovunque fan “in costume” si addensano emozionati per partire in direzione San Siro. La folla cresce numerosa man mano che la fermata giusta si avvicina, e poi eccoci là fuori, davanti allo stadio Giuseppe Meazza. Foto davanti alle grafiche del concerto, spuntini ai food truck, scambio dei braccialetti dell’amicizia (in qualche modo anche i miei tre fatti all’ultimo minuto trovano casa). E poi è l’ora di dirigersi all’ingresso, collezionando il nostro braccialetto luminoso.

La vista dagli spalti è totale. Schermo gigante con laterali per chi, pur di vedere la propria beniamina, si è accaparrato i posti quasi “sul retro”, palco lunghissimo che attraversa più di due terzi il parterre di San Siro, che per l’occasione lo ha spostato su uno dei lati “corti” dello stadio.

Un orologio fa partire il conto alla rovescia e lo spettacolo comincia, tra le urla emozionatissime di un pubblico che, finalmente, riaccoglie Taylor Swift nella sua patria.
È un vero e proprio show di tre ore e un quarto, in cui l’artista mantiene il palco (interattivo, che si smonta, illumina e trasforma per creare incredibili coreografie) cantando un totale di 45 canzoni in dieci atti, ognuno caratterizzato da un outfit, una scenografia, luci e colori diversi. In sostanza, un tour de force.

Ed è tutto pazzesco. Amata o odiata, per certi versi controversa, di sicuro Taylor Swift è un’artista che sa il fatto suo. Ogni canzone è un numero a sé e la cantante riesce a tenere il palco anche solo con la sua presenza, nonostante comunque sia accompagnata da coristi e ballerini.

I momenti indimenticabili sono tantissimi. Dal bridge di We Are Never Ever Getting Back Together (in italiano, “non torneremo mai insieme!” in cui uno dei ballerini, lanciato dalla cantante, stupisce tutto il pubblico italiano con un iconico “col cazzo!”.

O quello in cui il pubblico la stupisce con la “fan action”, durante la sua Enchanted. Una specie di flash mob nello spettacolo in cui i fan organizzati alzano in aria un foglio con scritto “We are enchanted to meet you after 13 years”.

Il pubblico è su di giri per tutte e tre le ore e si impegna in ogni modo per rendere questa data indimenticabile. E dopo Champagne Problems, cantata in assolo al pianoforte, parte una standing ovation di diversi minuti.

In piena tradizione italiana, poi, non poteva di certo mancare “Sei bellissima”. Un coro che ha commosso la cantante durante la sezione dedicata alle cosiddette surprise songs, il momento che Taylor Swift si ritaglia in ogni concerto per cantare, in versione acustica, accompagnandosi con chitarra e pianoforte, due canzoni a scelta dal suo vastissimo repertorio. Ai fan italiani ha regalato due bellissimi mashup: uno tra The 1 e Wonderland (tratti rispettivamente dagli album Folklore e 1989), e uno tra I Almost Do e The Moment I Knew (da Red).

Pure fuori dallo stadio chi non è riuscito ad accaparrarsi il biglietto partecipa al concerto.

Si avvicina la fine e, con l’approssimarsi della mezzanotte, l’era che ci accompagna verso la conclusione è quella di Midnight. Un po’ sale la tristezza quando Karma è annunciata come “one last song”. Con un ultimo inchino, Taylor Swift sparisce sotto il palco, accompagnata da un rullo di tamburi e dagli applausi dei suoi cari swifties.

Cara Taylor, ci hai promesso che non lascerai più passare così tanto tempo per un concerto in Italia. Speriamo di rivederti presto.

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