Cultura

Al Tlon Fest parlerò di Richard Benson: al di là del trash, resta un punto di riferimento

Dal 18 al 20 luglio a Villa Ada, a Roma, si terrà il Tlon Fest – Pensare la Musica, il festival culturale di Tlon giunto ormai alla quinta edizione. Come sempre, la cifra stilistica della manifestazione sarà la mescolanza di alto e basso, un approccio “pop”, ma non per questo meno serio, in grado di affiancare nomi e temi, per uno sguardo convenzionale, molto distanti. Ecco, dunque, Loredana Lipperini affrontare il divino Mozart accanto a Francesca R. R. Luciani che celebrerà Raffaella Carrà, il filosofo femminista Lorenzo Gasparrini prodursi in un encomio della dance anni ‘70 mentre Maura Gancitano spiegherà i significati più profondi dei testi di Franco Battiato, continuando con i contributi, fra gli altri, di Davide Toffolo, Lucrezia Ercoli, Tommaso Ariemma e Davide Sisto, su temi in giocoso e fecondo contrasto, dal dionisiaco all’attivismo dall’intelligenza artificiale alla “bella canzone di una volta”.

Personalmente, avrò il privilegio di poter parlare di un artista che ho già affrontato su queste colonne, l’indimenticato idolo della goliardia adolescenziale Richard Benson. Scopo dell’intervento sarà proprio quello di ridare dignità intellettuale a una figura che, prima della deriva trash degli ultimi anni, era stato per anni non solo un apprezzato chitarrista ma, soprattutto, uno stimato pioniere della divulgazione controculturale nell’ambito della musica popolare. Già su questo blog vi ho parlato del commovente documentario di Maurizio Scarcella, Benson-La vita è il nemico, che testimoniava gli ultimi anni di decadenza dell’artista, pur ricostruendo la sua carriera rocambolesca in maniera molto rispettosa.

In questo senso, vorrei segnalare un’operazione meritoria realizzata da alcuni storici collaboratori e ammiratori di Benson: l’uscita di 4 back to 84, un concept album strutturato in due sezioni. Nella prima si possono ascoltare due brani composti negli anni ’80 riarrangiati e riregistrati (Renegade, Flash Back) e due brani in lingua italiana (Madre Tortura e Processione), sui quali i produttori Francesco James Dini e Marco Torri (con l’aggiunta successiva di Simone Sello che già aveva collaborato con Benson per la realizzazione della colonna sonora del film l’Inceneritore, sempre del 1984) stavano lavorando con l’autore fin dal 2021. La seconda parte è un dono per gli appassionati, ovvero la pubblicazione di quattro brani inediti registrati nel 1984 con testi in lingua inglese.

L’aspetto più affascinante del progetto è la genesi: prima della scomparsa Benson (nel maggio del 2022) rivela ai produttori l’esistenza di alcuni brani inediti già registrati, andati a sua memoria smarriti, che lui riesce a eseguire con la chitarra acustica. Scatta a quel punto una ricerca capillare da autentici archeologi musicali che avrà inaspettatamente successo: come raccontato nel comunicato stampo del disco, i brani scomparsi “vengono effettivamente rinvenuti in una audiocassetta registrata nel 1984 e miracolosamente sopravvissuta tra i cimeli di un ex collaboratore di Richard residente in Veneto”.

Dini, Torri e Sello promettono all’artista, già gravemente malato, di riarrangiare i brani “risorti” (Jaggered, Devil Tonite, Empty Space, Can you see the monkey?) secondo le sue direttive, fondano appositamente la Richard Benson Orchestra e oggi è possibile, dopo 40 anni, ascoltare la voce carismatica dell’artista al picco della sua potenza.

Se Richard Benson, dopo la sua morte, continua a ispirare, con questa passione e dedizione, documentari e progetti di questo genere, non può essere stato solo semplicemente una macchietta trash, ma un punto di riferimento della controcultura romana e non solo. Avrò il piacere di parlarne venerdì 19, dalle 18, dopo l’intervento di Claudia Fauzia (Malafimmina) su musica e attivismo: sarà un onesto tributo a una figura che tanto ha dato agli appassionati musicali della mia generazione.

A completare la serata, con una finezza per cui devo ringraziare lo sguardo attento di Andrea Colamedici, il concerto dei Vazzanikki, guidati da Valerio Lundini, non solo comico geniale ma leale devoto bensoniano, forse l’unica persona nella storia delle tante apparizioni televisive dell’artista (da D’Agostino a Renzo Arbore fino a Chiambretti e Max Giusti) ad averlo intervistato con serietà e rispetto, nella sua trasmissione di culto Una pezza di Lundini.

Mi pare superfluo aggiungere: se non venite, “vi dovete spaventareee!”. L’evento è gratuito, ma è consigliabile la prenotazione.