Di Lav (Lega anti vivisezione)
Finalmente pubbliche oggi le statistiche riguardanti il numero di animali usati in Italia per fini sperimentali dal 2019-2022. I dati, resi noti nella Gazzetta Ufficiale n.158 del 08-07-2024, sono stati raccolti secondo le modalità previste dalla Direttiva 2010/63/UE dal Ministero della Salute, recepita in Italia con il Decreto Legislativo n.26/2014. Il numero medio totale di animali utilizzati ogni anno continua a essere altissimo, superando i 482.000 individui utilizzati e uccisi per fini sperimentali.
In particolare, si è passati da 548.933 animali nel 2019 a 451.991 nel 2020, una lieve flessione da imputare probabilmente all’emergenza Covid. Nel 2021 il numero di animali stabulati ha nuovamente superato il mezzo milione, tornando a 512.296; mentre nel 2022 è sceso a 420.506, ma tale riduzione non deve suscitare sostegno o plauso, perché le leggi nazionali e il contesto europeo, scientifico, sociale e politico, chiedono di andare ben oltre, vedendo il ricorso all’animale solo come ultima possibilità e dando totale priorità a modelli animal-free.
Preoccupante il ricorso ai cani, specie particolarmente protetta e a cui si potrebbe ricorrere solo in condizioni eccezionali, con ben 2.323 cani uccisi dal 2019 al 2022. Oltretutto tale specie è spesso utilizzata per test particolarmente invasivi di tossicologia, resistenza cardiaca e impianti o interventi dentali nelle ossa.
Tali presunti vincoli legali valgono anche per i primati, ma le statistiche mostrano come il numero di quelli sfruttati continui ad essere altissimo, nonostante non solo i limiti normativi, ma anche le comprovate vicinanze comportamentali con l’uomo: 1.579 scimmie, di cui solo 16 provenienti da allevatori registrati in UE, come richiesto dalla Direttiva dell’Unione europea, tutti i restanti vengono tristemente importati da Paesi poveri e noti per caccia illegale e devastazione delle aree boschive, come Asia e Africa e Sud-America.
Del 1.933.726 animali uccisi in totale ai fini della sperimentazione, solo il 28%, ossia 691.014, è usato per fini regolatori, cioè per rispondere a obblighi di legge. Da questo importante dato la conferma di come si potrebbe, e dovrebbe, lavorare seriamente per un drastico numero di animali utilizzati nei laboratori; basti ricordare come 6.746 vite siano vittime di questo fenomeno per il solo mantenimento delle colonie geneticamente modificate.
Inaccettabile poi che siano ancora 5.017 gli animali utilizzati per l’istruzione e la formazione, nonostante nel nostro Paese ci sia il chiaro divieto di procedure didattiche su animali – in deroga solo per l’alta formazione universitaria – e sia vigente, già dal 1993, la legge sull’obiezione di coscienza alla sperimentazione animale.
Infine, oltre il 50% degli animali viene impiegato per gli esperimenti più dolorosi – livello moderato e grave – con sofferenza o angoscia intensi, come nel caso di fratture instabili, toracotomia senza somministrazione di analgesici, uso di gabbie metaboliche con limitazione grave del movimento per un lungo periodo, scosse elettriche inevitabili o trapianti di organi con gravi effetti avversi dovuti al rigetto (tali esempi sono ripresi dal decreto stesso legiferante in materia).
“Sono numeri altissimi, dovuti a un sistema che non analizza sufficientemente, e con professionisti adeguatamente formati, né gli aspetti biostatistici né quelli etologici, sin dalla stesura del progetto sperimentale, che viene valutato invece, troppo spesso, da enti interni agli istituti, fatto denunciato dallo stesso Ministero della Salute” dichiara Michela Kuan, responsabile scientifico area ricerca senza animali Lav. “A ciò si aggiungono rinnovi di progetti che sono dei semplici copia-incolla dei precedenti senza le adeguate valutazioni sul rapporto danno-beneficio: il risultato è un sistema che utilizza e uccide centinaia di migliaia di animali ogni anno, oltretutto per dati non predittivi, come dimostra il fatto che oltre il 95% della sperimentazione animale fallisce se applicata all’uomo. È urgente una transizione della ricerca biomedica verso tecnologie basate su modelli human-based, non solo per salvare gli animali, ma anche per comprendere e curare le malattie che affliggono l’uomo.”
Rinnoviamo quindi il nostro appello al Ministro dell’Università e della Ricerca, la Professoressa Anna Maria Bernini, per chiedere che almeno l’1% dei fondi stanziati dal Pnrr sia destinato allo sviluppo e all’implementazione di modelli animal-free, perché l’unica vera scienza è quella senza animali.