di Tito Borsa
Ci sono fotografie che rimangono nella storia e che raccontano in modo sintetico e immediato un momento che diventa parte della memoria collettiva. L’immagine di Donald Trump sanguinante che si è appena rialzato per arringare la folla dopo che gli hanno sparato, con gli uomini della sicurezza attorno a lui e la bandiera statunitense come sfondo, è una di queste.
Non penso di esagerare se dico che quella probabilmente diventerà una delle foto del secolo perché ha dentro di sé tutti gli elementi narrativi necessari per raccontare quello che è successo a Butler, Pennsylvania. Ed è probabilmente la foto che racconta la vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali di novembre: rialzandosi, incitando la folla, opponendosi simbolicamente al proiettile che per qualche millimetro non l’ha ucciso, Trump è riuscito a entrare in connessione con il pubblico. E quella fotografia racconta tutto questo.
L’opinione che si ha o si può avere su Trump diventa irrilevante di fronte a quello scatto: è indubbio che un’immagine come quella vale più di mesi e mesi di campagna elettorale, soprattutto perché ha permesso all’ex presidente di utilizzare a proprio vantaggio l’attentato ai suoi danni. Ha invocato l’intervento divino (“Solo Dio ha impedito che l’impensabile accadesse”, ossia la sua morte) e ora si pone come riunificatore di un Paese diviso, diviso per colpa dell’amministrazione Biden, naturalmente.
Una fotografia riesce meglio di qualunque reportage a raccontare un momento e l’immagine di Trump sanguinante che arringa la folla spiega perfettamente la sua superiorità comunicativa rispetto a Joe Biden, che probabilmente al posto di Trump non avrebbe avuto la stessa reazione. In queste settimane si sta (finalmente) discutendo di quanto sia “sleepy” il presidente, mentre il suo avversario alle presidenziali ha la forza e la prontezza di rialzarsi dopo aver evitato la morte per millimetri e questo a livello comunicativo ha una potenza incredibile.
Trump sa benissimo che la foto che gli hanno scattato in quel momento ha una forza comunicativa eccezionale ed è perfettamente consapevole che, utilizzandola a proprio vantaggio, sarà quella – insieme al fatto di essere sopravvissuto per una questione di millimetri – a fargli vincere le elezioni. Non mi viene in mente nessun modo in cui Biden possa compensare questo squilibrio comunicativo a vantaggio del suo avversario.
A questo punto probabilmente qualunque avvicendamento in casa democratica è inutile. A meno di miracoli, è difficilissimo contrastare una campagna elettorale di un candidato sopravvissuto incredibilmente a un attentato e contrastare una fotografia che contribuisce allo storytelling del Trump energico e reattivo contro lo “sleepy” Joe. Biden diventa paradossalmente un’altra vittima collaterale dell’attentato contro il suo avversario.