Soldi, tanti soldi per facilitare l’operazione immobiliare e ricevere tutti i permessi necessari al buon esito dell’affare. Più una sorta di regalino: svendere un palazzo pubblico di grande pregio per convincere definitivamente gli acquirenti. Tradotto: concorso in corruzione. È questa l’accusa contestata al sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, al suo capo di gabinetto Morris Ceron e al vice capo di gabinetto Derek Donadini. Il capo d’imputazione è scritto nero su bianco in un passaggio del decreto di perquisizione consegnato a uno degli indagati. All’interno del documento si legge una storia dai contorni molto chiari. Testuale: Brugnaro, Ceron e Donadini “concordavano con Ching (imprenditore della società che puntava a rilevare l’area dei ‘Pili‘, di proprietà del sindaco – ndr) il versamento di un prezzo di 150 milioni di euro in cambio della promessa di far approvare, grazie al loro ruolo all’interno dell’ente comunale, il raddoppio dell’indice di edificabilità sui terreni in questione e l’adozione di tutte le varianti urbanistiche che si sarebbero rese necessarie per l’approvazione del progetto edilizio ad uso anche commerciale e residenziale della volumetria di 348mila metri quadri che sarebbe stato approntato e presentato do una società di Ching”.
Una cifra, i 150 milioni di euro, che sarebbe maturata in due distinte tranches, come si evince sempre dal decreto di perquisizione e contestuale sequestro. In un primo tempo Brugnaro, Ceron e Donadini avrebbero concordato con l’imprenditore Chiat Kwong Ching la vendita di “41 ettari di terreno denominato i Pili con il versamento di un prezzo di 85 milioni di euro in cambio della promessa di far approvare, grazie al loro ruolo all’interno dell’ente Comunale, il progetto edilizio ad uso anche commerciale e residenziale che sarebbe stato presentato da una società del Ching“. Contestualmente, l’altra promessa prevedeva l’adozione “al Comune di Venezia di tutte le varianti urbanistiche che si fossero rese necessarie per l’approvazione del progetto edilizio stesso”. Nel decreto di perquisizione, poi, è spiegato che tra il luglio e l’agosto del 2016 gli indagati “richiedevano e concordavano, in particolare, con Ching la maggior somma di 70 milioni di euro come sovrapprezzo – ha scritto la procura – che remunerava la promessa di adozione dei provvedimenti edilizi e urbanistici che avrebbero consentito un intervento edilizio pure residenziale e commerciale e avrebbero grandemente elevato il valore dell’area rispetto al prezzo a cui i terreni erano stati acquistati nel 2006 (5 milioni di euro), al valore cui erano stati appostati nello stato patrimoniale 2018 della società proprietaria (15 milioni di euro) ed il loro reale valore intrinseco derivante dall’essere un’area industriale inquinata” che richiedeva “una profonda bonifica e avente una preclusione all’utilizzo residenziale e commerciale“.
Non solo. Nell’affare spunta anche un altro fatto, che per chi indaga ha una rilevanza tutt’altro che secondaria: si tratta di un palazzo pubblico svenduto a un valore nettamente inferiore rispetto alla reale quotazione. Anche in questo caso a muoversi sono Brugnaro, Ceron e Donadini, che “concordavano con Ching (imprenditore della società che puntava a rilevare l’area, ndr) e Luis Lotti (rappresentante in Italia di Ching, ndr) la cessione dell’immobile comunale Palazzo Poerio Papadopoli al prezzo di oltre 10 milioni di euro, inferiore al valore di 14 milioni, attraverso l’esercizio dei loro poteri amministrativi volti alla riduzione del suo valore di stima e ciò al fine di facilitare le trattative con Ching e Lotti per la cessione del terreni di proprietà del Brugnaro, denominati ‘I Pili'”. Insomma: secondo la Procura, pur di favorire l’acquisto dell’area di proprietà del sindaco, i tre hanno svalutato un immobile pubblico per invogliare la controparte a chiudere l’affare. “La riduzione del valore dell’immobile è avvenuta effettivamente, attraverso il compimento di atti contrari ai doveri di ufficio posti in essere da Brugnaro, da Ceron e Donadini – si legge nel decreto di perquisizione – che agivano per conto del primo. In forza di tale riduzione di valore, l’immobile veniva provvisoriamente aggiudicato dalla commissione di gara, alla società Fortune Oxley srl di Ching al prezzo di 10 milioni e 800mila euro – si legge ancora – e quindi definitivamente aggiudicato stipulando infine il contratto di compravendita“.