Lavoro & Precari

Dalla Consulta un’altra picconata al Jobs Act: “Il lavoratore licenziato per fatto insussistente ha sempre diritto alla reintegrazione”

La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di un altro pezzo del Jobs act: si tratta della norma che esclude la reintegrazione del lavoratore nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo insussistente. La Consulta ha accolto una questione di costituzionalità sollevata dal Tribunale di Ravenna, censurando la previsione della riforma del governo Renzi per la […]

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La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di un altro pezzo del Jobs act: si tratta della norma che esclude la reintegrazione del lavoratore nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo insussistente. La Consulta ha accolto una questione di costituzionalità sollevata dal Tribunale di Ravenna, censurando la previsione della riforma del governo Renzi per la sua irragionevolezza in confronto con quelle sui licenziamenti disciplinare, per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo, che invece, laddove fondati su un fatto insussistente, prevedono il diritto a riavere il posto di lavoro. Secondo i giudici costituzionali, anche se il licenziamento per giustificato motivo oggettivo non è sindacabile nel merito (in base al principio della libertà d’impresa) dev’essere sussistente almeno ilfatto materiale” posto dal datore di lavoro alla base della scelta, sicché – si legge nel comunicato della Corte – “la radicale irrilevanza dell’insussistenza del fatto materiale prevista dalla norma censurata determina un difetto di sistematicità che rende irragionevole la differenziazione rispetto alla parallela ipotesi del licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo soggettivo”.

“La discrezionalità del legislatore nell’individuare le conseguenze dell’illegittimità del licenziamento”, comunica la consulta, “non si estende, infatti, fino a consentire di rimettere questa alternativa ad una scelta del datore di lavoro che, intimando un licenziamento fondato su un “fatto insussistente”, lo qualifichi come licenziamento per giustificato motivo oggettivo piuttosto che come licenziamento disciplinare” al solo scopo di non essere costretto alla reintegra. La norma invece non è incostituzionale – precisa la Corte – qualora il fatto materiale sussiste sì, ma non giustifica il licenziamento perché risulta che il lavoratore potrebbe essere utilmente ricollocato in azienda: in caso di violazione da parte del datore del cosiddetto obbligo di repêchage (cioè di vagliare tutte le opportunità di ricollocamento) il lavoratore avrà diritto solo alla tutela risarcitoria.