Una polemica durata settimane, attacchi alla magistratura e la promessa di demolire le ordinanze rivolgendosi alla Suprema Corte. Ma il governo ha deciso di rinunciare a contrastare le decisioni dei giudici siciliani che avevano liberato, non convalidando i trattenimenti, alcuni migranti arrivati sui barconi. Trattenimenti che erano stati decisi dal questore di Ragusa in base al controverso decreto Cutro. Da Palazzo Chigi era arrivato però un messaggio molto chiaro: “Decreto legittimo. Sarà la Cassazione a sezioni Unite a decidere”.
La rinuncia – Il ministero dell’Interno, invece, ha rinunciato ai ricorsi in Cassazione contro i provvedimenti del tribunale di Catania che aveva negato la convalida del trattenimento di migranti nel centro di Pozzallo proprio in applicazione del decreto, varato dopo la tragedia del naufragio del febbraio 2023, e ha chiesto anche il ritiro della domanda pregiudiziale dinanzi la Corte di Giustizia. A gennaio il pg della Cassazione aveva sostenuto che il “trattenimento dei migranti” fosse “legittimo” perché a “Lampedusa” c’era “emergenza”.
L’avvocata dei migranti – La decisione del ministero dell’Interno è resa nota dall’avvocata Rosa Emanuele Lo Faro, che assiste alcuni dei migranti destinatari del provvedimento, annunciando che, “avendo presentato due ricorsi incidentali chiederò, invece, che la Corte di Cassazione si pronunci lo stesso”. Quindi bisognerà attendere cosa accadrà.
Le ordinanze e i ricorsi – I giudici siciliani, Iolanda Apostolico e Rosario Cupri, avevano liberato gli ospiti dei centri sostenendo che il decreto fosse illegittimo per più motivi. Per i magistrati della sezione immigrazione del tribunale di Catani i trattenimenti violerebbero la direttiva europea numero 33 del 2013.
Secondo i giudici del tribunale di Catania il richiedente non può essere trattenuto al solo fine di esaminare la sua domanda; la procedura di frontiera avrebbe dovuto inoltre essere svolta a Lampedusa, luogo di sbarco, dove il migrante ha manifestato la volontà di chiedere protezione e, infine, il pagamento di una somma a garanzia, di 5mila euro, come mezzo per evitare il trattenimento è incompatibile con le norme Ue secondo cui il trattenimento può esser disposto solo sulla base di una valutazione caso per caso, quando “non siano applicabili efficacemente misure alternative meno coercitive”.