Il futuro del pianeta sarà nero, se non si vira verso il blu. La soluzione al sovrappopolamento mondiale, all’erosione e perdita di biodiversità del suolo coltivabile, al cambiamento climatico – che già causano malnutrizione, carestie e guerre del cibo – è sommersa, letteralmente. È il mare, la terra del futuro. “Il cibo del futuro è acquatico”. Lo scrive da anni Christopher Golden, professore di nutrizione e salute planetaria ad Harvard.

A segnare per sempre il destino dell’ecologo, esploratore National Geographic, che indaga l’impatto del sistema cibo sul cambiamento climatico, un lemure che vide a sette anni. Una decina d’anni dopo lo statunitense era in Madagascar, dove ha continuato ad andare negli ultimi 25 anni per studiare l’evoluzione della struttura alimentare delle popolazioni indigene: “sapevano che i loro comportamenti impattavano immediatamente sull’ambiente intorno a loro, da cui dipendeva la loro sopravvivenza, hanno un’etica della sostenibilità innata”. Il benessere umano, personale è imprescindibile da quello collettivo, ambientale: in un panorama mondiale dalle risorse impoverite, dove è stato privilegiato il profitto immediato senza valutare le conseguenze a lungo termine sull’ambiente, ora la bussola punta in direzione univoca verso l’orizzonte liquido.

Quasi nessuno sa cosa mangeremo nel 2050 quando la popolazione sfiorerà i dieci miliardi di persone, ma “la produzione dovrà aumentare del 70% per poter sfamare tutti” si legge in uno degli studi pubblicati dalla Fao. Il primo alimento che svetta nella lista dei 50 alimenti del futuro, riporta un report Wwf, sono le alghe. Golden lo chiama menù del cambiamento: non solo pesci, anche piante marine possono finire nelle nostre diete e cucine tradizionali.

Sono già stati riconosciuti i benefici del cibo blu: da alimenti acquatici dipendono oggi 3 miliardi di persone e la domanda globale è in crescita. Secondo le stime Onu, se solo il 2% degli oceani fosse utilizzato, tutto il mondo potrebbe essere sfamato. Anche Roz Naylor, centro di Stanford sulla sicurezza alimentare, sa che la soluzione emergerà dai fondali: “possiamo prepararci meglio agli shock del sistema alimentare osservando da vicino i modelli di consumo di cibo blu che variano da una nazione all’altra”.

Come la terra, anche il mare è contaminato da antibiotici, plastiche e metalli pesanti, ricorda Golden, “e più il cambiamento climatico avanza, più certe tossine si diffonderanno. Non solo il livello del mare si alza, lo fa anche la temperatura. La conseguenza sarà la migrazione dei pesci dalla cintura equatoriale, dove ci sono anche le risorse per la loro riproduzione; questo genererà insicurezza alimentare”.

Cambiamento climatico, cibo e conflitti civili sono anelli della stessa catena emergenziale : “senza capire l’interconnessione non vedremo alcun futuro del cibo; la food security, sicurezza alimentare, sta diventando questione di sicurezza nazionale. La maggior minaccia all’orizzonte per la produzione alimentare è il cambiamento climatico che alimenta conflitti civili: è chiaro in Sudan, Yemen, anche in Madagascar dove al momento è in corso una carestia causata dal cambiamento climatico”.

All’inizio, sono solo sempre sogni. O scommesse: l’azzardo di coltivare in apnea sui fondali marini– una tecnica che elimina la necessità di uso di pesticidi, riduce sprechi d’acqua e taglia le emissioni di carbonio – è stato già accettato da Sergio e Luca, padre e figlio che guidano l’Ocean Reef Group, a Noli, Genova. Lo racconta Federico, che lavora a Nemo’s Garden: il battesimo del giardino marino è un omaggio a Verne. Basilico, fragole e un altro centinaio di erbe d’abissi crescono in ampolle idroponiche sul fondale ligure grazie alla tecnologia subacquea applicata all’agricoltura: “il mare è un serbatoio di energia, le piante crescono più veloci e più ricche di proprietà nutritive (grazie allo spettro luminoso dell’acqua). Un altro beneficio importante è la biodiversità rinata nella baia, un ecosistema che si era impoverito per il turismo”.

Un avocado coltivato in Guatemala, impacchettato in Australia e venduto in Usa non è un modello sostenibile e tentativi reali per opporsi ai meccanismi inquinanti del mercato tradizionale sono già in atto: a compierli ricercatori e imprenditori, pionieri esploratori della frontiera blu. Custodi della sostenibilità, che stanno sfidando per primi le multiple forze contrastanti di chi nega che sia necessario un intervento urgente per frenare il degrado ambientale. Si dedica allo sviluppo dell’agricoltura subacquea verticale (anche detta oceanica rigenerativa) l’ong nordamericana GreenWave: piantano foreste di alghe per bloccare la Co2. Lo stesso farà la Kelp Blue in Namibia. Sulle alghe si concentra anche Sea6 Energy, con sede a Bangalore, che ha creato dei trattori subacquei per seminare e raccogliere piante sottomarine. Dal mare stanno arrivando non solo pesce e piante, ma anche nuovi modelli di vita.

Una transizione del settore, della sua catena di approvvigionamento verso la sostenibilità climate-smart, è la corrente sfida adattiva del sistema cibo. Sarà la digitalizzazione del processo produttivo a cambiare le cose: “ho speranza nell’innovazione tecnologica che farà evolvere l’acquacoltura, vedo assolutamente il futuro del cibo nel mare, ma non se verrà sfruttato e depredato con pratiche e politiche usate per la terra” dice Golden.

Ma non possiamo solo fare affidamento sulle scelte della società e comportamenti umani, sull’educazione al cambiamento nutrizionale: per il professore il cambiamento deve arrivare “top down, dall’alto verso il basso. Si devono creare policy per l’accesso al cibo nutriente, vincoli ecologici e normativi, incentivi che facilitino gli investimenti in questo settore”. È anche questione di prezzo: l’accessibilità al cibo acquatico, più salutare rispetto a quello della carne processata, è frustrata dalle logiche di mercato. “Il settore privato ha creato disfunzioni per profitti facili. Temo anche la crescente urbanizzazione delle città: con l’abbandono delle zone rurali, chi soddisferà la domanda di cibo nelle metropoli? Chi proteggerà le coste e gli oceani verso le quali ci avviciniamo?”. Il futuro del cibo e il cibo del futuro sarà blu, ne è convinto e la transizione infine un giorno accadrà: ma continua a chiedersi “dove sarà il pianeta a quel punto”. O si arriverà laggiù in fondo al mare oggi o domani si sprofonderà verso altri tipi di abissi.

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