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Influenza aviaria, quattro casi umani da polli di allevamento in Usa. I primi segnalati dal 2022

Il “salto” ovvero il contagio di umani da parte di animali gli scienziati – che da mesi lanciano allerte sul rischio di una nuova pandemia – era atteso. Quattro casi umani di infezione da virus dell’influenza aviaria ad alta patogenicità (Hpai) A(H5) sono stati confermati dai Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) statunitensi in Colorado, in lavoratori coinvolti nello spopolamento dei polli di un impianto in cui si era verificata un’epidemia di virus H5N1, il patogeno che circola tra gli uccelli selvatici e che ha contagiato i bovini da latte in diversi stati Usa a partire dalla scorsa primavera. Un doppio salto di specie dagli uccelli selvatici alle mucche e dalle mucche all’uomo che adesso vede nuovamente i polli come veicolo di trasmissione.

I quattro casi – hanno informato i Cdc – comprendono i tre che erano stati comunicati nei giorni scorsi come presunti (ora confermati dai test condotti dall’agenzia federale), più un quarto. I Cdc sono a conoscenza anche di un quinto caso, al momento presunto, sul quale sono in corso le analisi per la conferma. Poiché il monitoraggio prosegue, l’agenzia precisa che “ulteriori casi potrebbero essere segnalati e successivamente confermati”.

Si tratta dei primi casi umani di infezione da virus H5 registrati negli Stati Uniti nei lavoratori esposti al pollame dopo il 2022, anno in cui era stata segnalata per la prima volta una positività, sempre in Colorado. Complessivamente, dunque, dal 2022 a oggi i casi umani di influenza aviaria da pollame infetto sono cinque. Mentre sono quattro quelli legati all’epidemia nelle mucche da latte, uno dei quali in Colorado. Per questo stato, quindi, si riportano epidemie di virus H5N1 negli allevamenti sia bovini che di pollame. Relativamente “pochi”, ma in realtà potrebbe – come avvertono gli scienziati – esserci una sottostima dei contagi.

Se molti lavoratori delle aziende lattiero-casearie contraggono l’H5N1”, il virus aviario che circola tra le mucche in diversi stati Usa, “rischiamo una pandemia” avevano già commentato a maggio Jennifer B. Nuzzo, Lauren Sauer e Nahid Bhadelia, tre accademiche americane, in un intervento pubblicato sul Washington Post. Le misure “giustamente disposte” dal Dipartimento dell’Agricoltura per evitare che l’influenza aviaria si diffonda tra gli allevamenti bovini anche in altri stati del Paese, avvertono le tre esperte, “potranno ben poco contro la minaccia principale che l’H5N1 rappresenta per l’uomo: l’infezione dei lavoratori” delle imprese colpite. “La nostra incapacità di proteggerli”, ammoniscono, non solo “mette a rischio la loro salute”, ma “dà al virus l’opportunità di evolversi in” un patogeno che costituirebbe “un rischio maggiore per le persone, compresi coloro che vivono lontano dagli allevamenti”.

I Cdc nei giorni scorsi avevano ribadito che il rischio di influenza aviaria per la popolazione generale rimane basso. “Non ci sono segni di un aumento anomalo dell’attività influenzale in Colorado o in altri stati colpiti da epidemie di virus H5 nelle mucche e nel pollame”. Tuttavia, per le persone esposte ad animali infetti il pericolo è maggiore e “le infezioni umane” sostenute da “questo nuovo virus influenzale (e altri) – aveva avvertito l’agenzia – sono preoccupanti perché possono causare malattie gravi”, nonché per “il loro potenziale pandemico. Se questi virus dovessero mutare per diffondersi facilmente da persona a persona, potrebbero scatenare una pandemia.

Fra le altre cose, spiegavano i Cdc, l’indagine in corso cercherà di verificare se è stata rispettata la raccomandazione di usare dispositivi di protezione individuale (Dpi), rivolta alle categorie più esposte ai virus aviari. “Storicamente la maggior parte dei casi umani di influenza aviaria si sono verificati in persone che non indossavano i Dpi raccomandati”. L’analisi delle sequenze virali sarà importante per capire se è è il caso di cambiare la valutazione del rischio di influenza aviaria per l’uomo e le linee guida che indicano come proteggersi. “Le persone dovrebbero evitare esposizioni ravvicinate, lunghe o non protette ad animali malati o morti, inclusi uccelli selvatici, pollame, altri uccelli domestici e altri animali selvatici o domestici (comprese le mucche); dovrebbero anche evitare esposizioni non protette a escrementi di animali, lettiere, latte non pastorizzato o materiali vicini o a contatto con uccelli o altri animali con virus A(H5N1) sospetto o confermato” le raccomandazioni dei Cdc.