Inghilterra e Francia sono i primi due stati-nazione nati in area europea. Non è un caso che dalle recenti elezioni che si sono tenute in questi due paesi emerge una lezione sostanziale e vitale per le democrazie occidentali.

La lezione è questa: oggi, esattamente come avveniva negli anni tra le due guerre mondiali, il sistema capitalistico mostra delle falle sostanziali che, se non affrontate con politiche di giustizia e redistribuzione sociale, rischiano di mettere in crisi le democrazie moderne e condurre al potere le forze reazionarie e di estrema destra. Disuguaglianze, disoccupazione, distruzione dei diritti e delle tutele sociali, conflitti bellici per la supremazia mondiale (con Usa, Russia e Cina al centro di tali criticità), sono tra i fattori principali che, allora come oggi, alimentano il consenso popolare verso le forze politico-ideologiche cosiddette “anti-sistema”.

L’Inghilterra, democrazia solida e immune da estremismi, ne è uscita con un’elezione che ha riportato al governo i laburisti dopo 14 anni di governo dei Tories, sostanzialmente sulla base di un programma sociale che promette di ricollocare lavoro, sanità e istruzione al centro dell’agenda politica (oltre a un contenimento delle politiche migratorie più razionale e mirato, così da alleggerire il disagio e la guerra fra poveri nelle periferie).

La Francia, paese ideologicamente più complesso e tutt’altro che alieno da estremismi, ci racconta di un’ultima possibilità: quella che il popolo francese, con l’occasione tornato in massa a votare per procrastinare la salita al potere della Destra estrema, ha dato ai suoi governanti affinché decidano anch’essi di lasciarsi alle spalle le sciagurate politiche neoliberiste di Macron.

Insomma, i livelli di disuguaglianze economiche, di privilegio dei pochi benestanti, di macelleria sociale prodotti da oltre trent’anni di teologia mercatista (almeno a partire dal 1989), che si è accanita soprattutto sul lavoro, sulla sanità e sull’istruzione (con il contorno di classi governative generalmente ormai imbarazzanti, fra corruzione diffusa e ignoranza culturale e politica), sono arrivate all’estremo limite consentito. Superato questo limite, si aprirebbero le porte a una barbarie dagli effetti imprevedibili, comunque governata dal potere finanziario come avvenne negli anni fra le guerre mondiali. Sì, perché va ricordato che il capitalismo si serve tranquillamente anche di nazisti e fascisti quando i liberali non sono più in grado di governare la baracca.

Il guaio è che l’Europa – ad oggi unita solo su basi economiche – sembra ben lungi dal volere o potere far propria questa lezione. L’Europa tutta ma anche le singole nazioni.

Sicuramente non dà segni di averla appresa la variopinta e improbabile compagine di forze politiche che in Italia vorrebbe contrastare il predominio di una Destra pur becera e incapace. Troppi aperitivi, finto intellettualismo chic e logiche da like sui social caratterizzano un campo progressista che riesce a selezionare la propria classe dirigente soltanto sulla base della visibilità ottenuta da alcune persone (spesso per violenze subite, come nei casi di Patrick Zaki, Gino Cecchettin e Ilaria Salis), nonché a improvvisare lotte sociali dopo che qualche scandalo è finito sui giornali.

Sempre su questa logica dell’immagine contrapposta alla sostanza, si staglia anche la triste vicenda del caporalato, giorni addietro emersa nel Lazio e ancora più recentemente nelle civilissime Langhe. È troppo evidente per non denunciarla, la modalità di una Sinistra che sfodera battaglie epocali in favore dei migranti, visibili perché muoiono in mare, salvo non essersi occupata per niente della vita che quegli stessi migranti conducono nel nostro paese dopo essere riusciti a entrare. Il caporalato sembrava non esistere, fino a un mese fa, forse perché difendere i migranti rientra nelle battaglie consentite per i diritti civili, mentre occuparsi delle condizioni in cui gli stessi lavorano rientra nel tabù dei diritti sociali (considerato che non ci si occupa neppure di quelli degli italiani).

Questo dall’Italia, mentre il nuovo premier laburista inglese nel suo programma elettorale si è impegnato a tassare i grandi capitali, i redditi alti e le multinazionali del digitale, così da immettere fondi nel mondo del lavoro, della sanità, dell’istruzione e in genere del sociale. Tutte tematiche di cui nel campo progressista italiano neppure si ragiona.

Mi chiedo cos’altro debba accadere, nella povera Italia, perché la classe politica impari la lezione di cui sopra, tanto più che da noi l’estrema Destra è già salita al potere. Non per caso, tocca dire…

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