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Israele, un accordo su Gaza potrebbe non bastare per fermare il conflitto regionale

Nei pochi mesi rimasti fino alla fine del mandato alla Casa Bianca, l’attuale amministrazione statunitense Biden si sta adoperando per favorire un clima propizio agli accordi in ogni modo possibile. Gaza è diventata la questione principale che non può essere ignorata in alcuna proposta di accordo e si sta attualmente assistendo a sforzi significativi per elaborare un accordo provvisorio che potrebbe portare a soluzioni a lungo termine. Tuttavia, mentre appaiono numerosi segnali positivi su vari fronti nella regione, la realtà sul campo rimane fragile e suscettibile di aprire nuovi fronti invece di chiuderli.

I segnali che lastricano la strada in vista degli accordi stanno emergendo chiaramente, in particolare sul fronte iraniano. Il rapido mutamento per ciò che riguarda la figura presidenziale iraniana indica un adattamento alla fase attuale, con l’obiettivo di dissipare le giustificazioni per un confronto diretto attraverso manovre politiche. Questo si è riflesso nei risultati delle elezioni presidenziali e con l’arrivo del nuovo presidente “riformista”, Masoud Bazeshkian. Il repentino cambiamento, segnato dall’uscita di scena dei falchi come l’ex presidente Ebrahim Raisi, suggerisce il tentativo dell’Iran di adattarsi politicamente alle trasformazioni regionali e internazionali.

Il primo messaggio di Bazeshkian come presidente ha enfatizzato l’estensione della mano protesa verso tutti “senza eccezioni” e il desiderio di riprendere i negoziati sull’accordo nucleare, segnalando un ritorno a un’Iran accettata dall’Occidente. Questa mossa si allinea con i timori del ritorno del presidente Trump e della sua amministrazione repubblicana in mezzo a un confronto regionale aperto e a molteplici fronti attivi. La prossima amministrazione probabilmente non perderà l’occasione per prendere di mira l’Iran, costringendo gli iraniani a mitigare il rischio di una guerra su vasta scala.

Sul fronte libanese, gli sforzi diplomatici continuano per prevenire uno scenario di guerra tra Israele e Hezbollah. I recenti messaggi di Hezbollah hanno interessato numerosi ambiti: dal rialzare il livello di minaccia agli israeliani al collegare tutte le sue azioni a ciò che sta accadendo a Gaza, delegando persino a Hamas la scelta di come fermare la guerra. Questo quadro indica il desiderio di Hezbollah di chiudere il fronte libanese. Tuttavia, fermare questa guerra non sta interamente nella mani di Hezbollah.

Per gli israeliani, il fronte libanese è la priorità e chiuderlo richiede un intervento militare per stabilire una nuova realtà. Questo significa colpire le capacità e l’infrastruttura di Hezbollah, creare una zona cuscinetto protetta da forze internazionali e approfondire la crisi interna di Hezbollah. Pertanto, una soluzione a Gaza non porta necessariamente a una soluzione in Libano.

A Gaza, la manovra politica di Hamas di discutere la cessazione dei combattimenti e la gestione di Gaza post-bellica mira a massimizzare le possibilità di raggiungere un accordo politico e preservare alcuni guadagni. Accettare queste condizioni in una fase precedente avrebbe potuto aggravare la crisi di Netanyahu con l’amministrazione statunitense e mantenere maggiori guadagni per la parte palestinese. Tuttavia, gli sforzi attuali mirano a impedire a Israele di plasmare unilateralmente la strategia di confronto nella regione massimizzando le possibilità di raggiungere un accordo politico sotto l’egida americana. Il fattore tempo è cruciale per questa amministrazione per realizzare qualsiasi accordo che fornisca le basi per future iniziative.

C’è però da considerare che il fattore tempo potrebbe non essere pressante per gli israeliani, soprattutto perché il clima per gli accordi non è maturato tra le operazioni in corso e i fronti aperti in Siria, Libano, Yemen, Iraq, Gaza e Cisgiordania. Pertanto, tentare di smantellare il conflitto regionale attraverso un accordo a Gaza, nonostante la sua importanza, potrebbe non essere una mossa vincente, sono infatti alte le possibilità di fallimento. L’equazione “perdente-perdente” non attrae nessuno oggi per chiudere la scena nella sua forma attuale, rendendo la realtà delle soluzioni pratiche cruciale per risultati fattibili.