Tra notizie fake, allarmismi che ci danno già invasi dalle cavallette bibliche e da ogni tipo di mostro esistente nei bestiari medievali e legittime istanze di prudenza oramai è veramente difficile orientarsi nel mondo delle cosiddette specie pericolose. D’estate poi, soprattutto per quel che riguarda gli animali marini, sembra che il problema tocchi le sue vette. Razze, vermocani, meduse, pesci scorpioni: cosa davvero temere e come comportarsi per godersi in santa pace le meritate vacanze?
Recentemente, ad esempio, secondo quanto riportato dal “Corriere Adriatico” a Marcelli di Numana un video amatoriale è diventato virale: una razza nuotava vicino alla riva e i bagnini, allarmati, hanno fatto uscire tutti dall’acqua. E ancora, tre bagnanti sono finiti al pronto soccorso di Torrette per accertamenti dopo essere stati punti dal vermocane. Due sos sono stati lanciati a Collemarino, uno sulla spiaggia di Palombina. Nessuna grave ripercussione fisica per i pazienti, dopo l’iniziale e comprensibile paura. Quindi? Niente più bagni se non dotati di mitra e armatura in acciaio inox? No, decisamente. Prudenza sì, allarme no. Partendo dal semplice presupposto che ogni attività umana non è mai senza rischi, l’interazione con gli habitat naturali non fa differenza e quindi bisogna essere consapevoli delle effettive situazioni e cercare di prestare attenzione. Per quel che riguarda le razze, avvistamenti estivi soprattutto nell’Adriatico sono assai comuni. Per quanto dotati di un aculeo assai efficace se lasciate in pace non hanno motivo di attaccare l’essere umano. Il rischio maggiore è di schiacciarle per caso , per cui è opportuno porre per quanto possibile attenzione a dove si mettono i piedi in acqua.
Per quel che riguarda le meduse Carlo Cerrano, professore di Zoologia del Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente dell’Università Politecnica delle Marche, sentito dal “Corriere Adriatico” ha dichiarato: “Quest’anno se ne sono viste meno ed è possibile che tutta questa fase di mucillagine possa aver compromesso le loro fasi vitali”, ma siamo nella “periodicità tipica delle meduse bianche mentre più avanti (verso agosto), potrebbero arrivare anche quelle giallastre”. Le usuali accortezze come il mantenere il distanziamento e tenere a portata un prodotto specifico per ridurre le conseguenze di eventuali contatti sono evidentemente misure tendenzialmente più che sufficienti per questi incontri.
Discorso a parte va fatto per i vermocani e i pesci scorpione che hanno destato tanto allarme sui media. Quanto ai primi Hermodice carunculata, nome scientifico per il vermocane, anche detto verme di fuoco, è un verme marino carnivoro principalmente presente sui fondali rocciosi ma che si può trovare anche su sabbia e nelle praterie di Posidonia oceanica. Gli esemplari hanno una colorazione molto sgargiante e in media sono lunghi tra i 20 e 30 centimetri. Il vermocane si trova nel Mediterraneo da moltissimi anni ma attualmente, probabilmente a causa del riscaldamento delle acque, la loro presenza è aumentata notevolmente tanto da diventare un problema soprattutto per il comparto pesca: i pescatori infatti li trovano sempre più spesso incagliati nelle loro reti. “Attualmente – ha chiarito Michela D’Alessandro, ricercatrice dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS – non c’è un allarme né per la balneazione né per quello che riguarda le attività subacquee e turistiche”. Anche se “La specie ha assunto un comportamento invasivo specialmente nelle acque del sud Italia, in particolare Sicilia, Calabria, Puglia e Campania”.
L’ammonimento è che sebbene i colori del vermocane “possano attirare l’attenzione, non vanno toccati se avvistati perché il loro corpo è ricoperto di setole che contengono tossine urticanti che possono generare dolori, bruciori, edemi, pruriti e intorpidimento”. Maggiore attenzione ancora richiede il pesce scorpione o Pterois miles, che è stato segnalato per la prima volta in Italia nel 2016 e che è una tra le specie più invasive al mondo, conosciuta anche per aver colonizzato gran parte delle coste Atlantiche occidentali con imponenti impatti ecologici. La specie è commestibile ma bisogna fare attenzione alle spine, queste possono causare punture molto dolorose anche 48 ore dopo la morte dell’animale. Quindi anche in questo caso tenere accuratamente le distanze e occhio a dove si poggiano i piedi in acqua.