Politica

Referendum autonomia differenziata, le regioni di centrosinistra propongono due quesiti: una vergogna

Dopo la sciagurata approvazione da parte del parlamento della legge proposta dal governo sull’autonomia differenziata, un ampio fronte di forze ha deciso di dar vita ad una campagna referendaria per abolire lo “spacca Italia”. Si tratta di una decisione sacrosanta perché solo una forte partecipazione popolare, attivabile attorno alla battaglia referendaria, può contrastare lo scardinamento sostanziale della Costituzione che il governo vuole perseguire sia con l’autonomia differenziata che attraverso il presidenzialismo. Ricordiamo infatti che fu proprio una grande partecipazione popolare a bocciare il 4 dicembre 2016 – con una vasta quanto trasversale mobilitazione referendaria – il tentativo di scardinamento costituzionale posto in essere da Renzi, allora premier e segretario del Pd.

Si tratta quindi di raccogliere in pochissimo tempo – entro il 30 settembre prossimo – le centinaia di migliaia di firme necessarie per ottenere un referendum: un referendum che, per volere di tutte le forze promotrici, cancelli completamente la legge voluta dalla Lega.

Una campagna di massa di raccolta di firme in cui sono impegnate il Comitato contro ogni autonomia differenziata, che in questi anni è stato il principale motore politico e culturale di iniziativa contro lo scempio leghista, la via Maestra, l’Anpi – che ha chiamato ad una unità democratica per la difesa della costituzione, la Cgil, partiti e associazioni di sinistra e di centro sinistra.

Ci troviamo quindi dinnanzi al lancio di una iniziativa unitaria che apre la strada ad un pronunciamento di massa contro lo scardinamento costituzionale ricercato dal governo.

In questa situazione è però arrivata dai partiti del centro sinistra una doccia gelata che contraddice tutti i proclami e i buoni propositi espressi in queste due settimane. Le regioni governate dal centro sinistra – dal Pd ai 5 stelle, dai renziani alla sinistra interna al centro sinistra – hanno infatti deciso di agire la loro prerogativa di fare referendum sulla legge Calderoli, senza dover raccogliere le oltre 500.000 firme. Fin qui nulla di male, si potrebbe pensare che le regioni del centro sinistra operino per “tutelare” il movimento e garantire che il referendum si possa tenere anche nel caso in cui le firme non vengano raccolte.

Il problema è che le 5 regioni – e quindi i partiti che le governano unitariamente – hanno deciso di presentare due quesiti referendari: uno chiederebbe l’abrogazione totale della legge – in sintonia con la raccolta di firme – ma l’altro chiederebbe una abrogazione parziale della legge. Una abrogazione così parziale da lasciarla sostanzialmente intatta.

Per gli amanti dei particolari il testo che risulterebbe dal quesito parziale obbligherebbe lo stato a “determinare” i Livelli Essenziali di Prestazione senza però obbligare lo stato a finanziarli o a renderli operativi. In altri termini, al di là di una modifica formale, il quesito referendario parziale che le regioni governate dal centro sinistra stanno ponendo in essere lascerebbe inalterati gli effetti della legge Calderoli.

L’effetto concreto di questa scelta dei partiti del centro sinistra sarebbe di dare alla Corte Costituzionale la possibilità – in sede di ammissione del referendum medesimo – di bocciare il referendum totale lasciando in vita il referendum parziale. Vista la composizione della Corte e la presenza di figure che hanno operato attivamente per lo scardinamento del Titolo V della Costituzione operato anni addietro dal centro sinistra, non occorre essere dei geni per immaginare che questo sia l’esito più probabile in una situazione in cui vi siano più quesiti referendari.

In secondo luogo, se quanto sopra paventato avvenisse, ci troveremo in una situazione in cui l’eventuale vittoria nel referendum parziale darebbe come risultato una nuova legge che sarebbe, nel funzionamento, identica alla legge Calderoli… Oltre al danno la beffa.

Sperando di aver espresso in modo chiaro i problemi che solleva la scelta del centro sinistra di far votare alle regioni un doppio quesito referendario, si alza forte e chiara la domanda: perché? Le risposte sono due:

1. il centro sinistra si è sbagliato e in questo caso la soluzione è semplice: decidano di porre in votazione solo l’indizione del referendum complessivo contro la Legge Calderoli e votino anche un ricorso alla Corte Costituzionale ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione. Tiriamo tutti un sospiro di sollievo e ci apprestiamo a mettere in minoranza il governo salva ricchi.

2. il centro sinistra non si è sbagliato ma semplicemente è d’accordo – nella sostanza – con Calderoli. In questo caso starebbe facendo una manfrina teatrale con comizi roboanti nelle piazze salvo fornire alla Corte Costituzionale, su un piatto d’argento, la via attraverso cui disinnescare la raccolta di firme e la possibilità di sconfiggere il secessionismo leghista.

Per adesso la strada intrapresa dal Pd è la seconda: appoggiare Calderoli e lo scardinamento costituzionale. Vedremo nei prossimi giorni se decideranno di correggere questa vergogna morale e politica o la confermeranno. In ogni caso noi oggi con i Comitati contro ogni autonomia differenziata e con tutte le forze sociali che la Costituzione l’hanno difesa sempre, anche quando ad attaccarla era il Pd – a partire dall’Anpi – ci apprestiamo a raccogliere le firme in modo da garantire di avere la possibilità di indire il referendum contro la legge Calderoli.