Rendere compatibili i centri storici delle tantissime cittadine medio-piccole italiane – che costituiscono una fondamentale infrastruttura del nostro Paese – con le moderne esigenze dei cittadini è un problema spesso esiziale, che influisce enormemente sulla vitalità e residenzialità di un abitato storico. Il problema principale è la difficile convivenza tra auto e viabilità storica.

Per trovare soluzioni all’annoso problema dei parcheggi, dell’accessibilità nei quartieri di impianto medievale e garantire una sostenibile mobilità pedonale, le amministrazioni comunali in tutta Italia sono costantemente alle prese con progetti per parcheggi sotterranei o nelle immediate vicinanze di cinte murarie storiche e ascensori e sistemi di risalita come funicolari o scale mobili, inseriti in manufatti storici o semplicemente addossati ad essi. Non sempre il risultato è ottimale. Problematiche facilmente intuibili in tre casi di ascensori oggetto di dure critiche da parte di tre sezioni di Italia Nostra.

Il primo caso è il più recente e viene segnalato da Italia Nostra Abruzzo e dalla locale sezione di Lanciano in provincia di Chieti. “Adagiata su morbide colline che dalla Maiella digradano verso il mare, Lanciano vanta una storia millenaria”, come ci informa il sito di promozione turistica della Regione Abruzzo. Capitale dei Frentani, municipio romano e città importante sotto il regno di Federico II, famosa per le sue fiere in tutta Italia, è cinta da mura medioevali antiche.

Il suo centro storico e la parte nuova della città hanno sempre dialogato con relativa armonia, finché l’Amministrazione comunale nel 2016 non ha deciso di realizzare un parcheggio e un ascensore, con una torre alta circa 28 metri, in località S. Egidio di Civitanova-Sacca, nelle adiacenze delle vecchie mura. Un progetto, approvato dalla locale Soprintendenza nonostante sia visibilmente un ecomostro, per realizzare una struttura meccanica di risalita inserita in un telaio semi trasparente che, salendo in verticale davanti le mura, approda per mezzo di una passerella lunga 15 metri nella stradina del belvedere in zona “le Ripe”, cancellando visivamente una delle nove porte denominata “Porta della Noce”. Un mostro destinato ad interrompere lo sguardo e l’immagine dell’antica cinta muraria dai colli a sud-est di Orsogna, Costa di Chieti, Frisa ove si trova una storica e importante fonte, denominata appunto Fonte grande di Civitanova, del III secolo.

Il presidente della sezione di Lanciano, Pierluigi Vinciguerra, definisce il manufatto “un’enorme bruttura eretta sul costone delle mura che lascerà segni irreversibili sulla integrità del centro storico e sul suo rapporto con l’adiacente campagna, con gli orti (ortolani), gli uliveti e vigneti tipici del paesaggio frentano, lascito dell’epoca romana pervenuto integro fino ai primi del Novecento.” Difficile non concordare quando si vedono le foto dell’ascensore in realizzazione. “Non si tratta di dire no ad una risalita meccanizzata – prosegue Vinciguerra – sicuramente funzionale, ma di realizzare progetti sostenibili senza incidere sulle bellezze architettoniche e naturali esistenti. L’associazione aveva prospettato una soluzione alternativa senza alcun impatto e agli stessi costi, ma l’amministrazione è rimasta sorda”.

Il secondo caso è quello dell’ascensore costruito qualche anno fa ad Amelia in Umbria, duramente contestato dalla locale sezione e anch’esso approvato dalla Soprintendenza che, però, impose all’Amministrazione comunale di realizzarlo non in vetro trasparente, come inizialmente progettato, ma in cemento coperto con assicelle di teak. Il parcheggio per soli 42 posti auto e l’ascensore, entrato in funzione nel 2017, è costato la bellezza di 1.311.000 euro, cioè 31.200 euro a posto auto.

La torre è collegata con la Porta della Valle attraverso un ponte che fa assomigliare il manufatto ad una macchina d’assalto medievale, proprio come quelle raffigurate nel grandioso telone che funge da sipario nel Teatro Sociale di Amelia, intitolato l’Assedio di Amelia (episodio storico che vide Federico II cingere d’assedio la città) realizzato dall’artista perugino Domenico Bruschi (Perugia 1840 – Roma 1910). Le somiglianze sono talmente forti che viene da pensare che la Soprintendente che autorizzò l’ascensore, l’Arch. Anna Di Bene, si sia ispirata proprio al famoso sipario.

Ma questa “fenomenologia” non sarebbe esaustiva senza nominare un caso eclatante, che è salito qualche anno fa agli onori delle cronache nazionali (Il Fatto Quotidiano ne ha anche parlato intervistando il nostro referente per la Sicilia, Leandro Janni): l’ascensore di Sutera, che ha devastato uno dei borghi più belli della Sicilia, con la sua imponente Rocca che domina il paese sottostante. Costato due milioni di euro, destinato a servire una popolazione di 1.400 abitanti e inesistenti turisti, realizzato in metallo verde e alto 40 metri, è un vero e proprio sfregio al paesaggio e un monumento allo spreco di risorse per infrastrutture inutili. Infatti, l’ascensore non ha mai funzionato e, tanto per non farci mancare nulla, nel 2022, per la realizzazione delle opere necessarie per la messa in funzione dell’ascensore sono stati stanziati altri 76.000 euro.

Contro l’indifferenza al luogo e al paesaggio manifestata da questi progetti, non possono bastare i ricorsi di Italia Nostra – che pure sono stati fino ad oggi l’unico baluardo contro altri scempi ancora. È necessario un cambio culturale, che illumini le menti dei nostri amministratori – una folgorazione come quella di Saul sulla via di Damasco – che gli faccia finalmente comprendere che ci sono altri modi per integrare la modernità nei contesti dei nostri tanti centri storici.

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