Nessuno stop alla vendita di armi leggere all’Egitto e alle partnership col Cairo nell’industria militare. In commissione Esteri alla Camera il centrodestra compatto respinge una risoluzione in questo senso proposta da Pd (attraverso Lia Quartapelle, Elly Schlein e Laura Boldrini), Avs (con Nicola Fratoianni) e Più Europa (Benedetto Della Vedova) e votata anche dal Movimento 5 Stelle. Il testo era nato da un’iniziativa dei Giovani democratici di Milano e, dopo alcuni mesi, è arrivato in commissione presentato da Quartapelle. La risoluzione partiva da alcuni dati, citando per esempio il fatto che “tra il 2013 e il 2021 l’Italia ha esportato in Egitto armi piccole e leggere per un valore compreso tra i 18.900.000 e i 19.223.000 euro, di cui 30.120 revolver e pistole, 3600 fucili e 470 fucili d’assalto”.

Tutto materiale con cui l’Egitto ha garantito al potere di al-Sisi la propria sicurezza, a suon di repressione: “Negli ultimi dieci anni l’Egitto ha assistito a un sensibile peggioramento dello Stato di diritto – si legge nella risoluzione – e della tenuta democratica delle sue istituzioni, di pari passo con un assoggettamento del potere giudiziario a quello politico presidenziale e militare. In considerazione del carattere sistematico delle violazioni dei diritti umani in Egitto, ogni attività orientata a potenziare le capacità operative e l’equipaggiamento in dotazione al National security agency comporta il rafforzamento del sistema di potere responsabile del deterioramento dello Stato di diritto e dei diritti umani”. Tradotto: se inviamo armi, siamo complici della repressione.

Per questo il centrosinistra, ricordando anche che “il governo e le autorità giudiziarie egiziane non hanno dimostrato alcuna seria intenzione di collaborare sul caso Regeni“, chiedeva al governo di “adottare iniziative per fermare tutti i trasferimenti e le vendite di armi piccole e leggere all’Egitto fino a che non saranno fornite, da parte del governo della Repubblica araba d’Egitto, adeguate garanzie del rispetto dei diritti umani e dello Stato di diritto”. Allo stesso modo, la risoluzione chiedeva di interrompere “la promozione di iniziative in partnership con il settore militare industriale” del Cairo.

Anche perché, come sottolineato da Quartapelle e dagli altri firmatari, la legge 185 del 1990 sul commercio di armi vieterebbe l’export verso i Paesi “i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani”. Per la destra, l’Egitto non corrisponde a questo scenario. Via libera, quindi. “Il governo Meloni – attacca Quartapelle – dimostra di essere quello più anti-patriota della storia. Vendere armi al regime complice della morte di un connazionale non è ciò che ci si aspetterebbe da un Paese che tutela i suoi cittadini. Meloni e Tremonti hanno anteposto gli interessi commerciali a questioni di principio”.

Duro anche Nicolò Radice, 19 anni, responsabile Esteri dei Giovani dem di Milano tra i promotori dell’iniziativa: “Questa risoluzione è stata scritta da ragazze e ragazzi della mia età con un solo intento: smettere di vendere armi a chi ha ucciso Giulio Regeni. Il Governo preferisce sputare sulla sua memoria e fare finta di nulla: questa Politica Estera ci disgusta”.

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