È Francesco Curcio il nuovo procuratore di Catania. L’attuale capo dei pm di Potenza, considerato favorito alla vigilia, ha prevalso per un solo voto al plenum del Consiglio superiore della magistratura sul suo sfidante, l’aggiunto della Procura etnea Francesco Puleio. Per Curcio, nome di area progressista fortemente sponsorizzato dal procuratore nazionale Antimafia Giovanni Melillo, si sono espressi in 13: i sette consiglieri magistrati delle due correnti “di sinistra”, Area e Magistratura democratica, i quattro “moderati” di UniCost, l’indipendente togato Roberto Fontana e Maria Luisa Mazzola dei conservatori di Magistratura indipendente (Mi). Puleio, profilo più gradito al centrodestra, ha raccolto invece 12 voti, quelli dei sei laici in quota maggioranza di governo, del togato indipendente Andrea Mirenda, del laico di Italia viva Ernesto Carbone e di quattro togati di Mi. Astenuti Michele Papa, laico in quota Movimento 5 stelle – che sempre più spesso nelle ultime votazioni si è sganciato dal blocco progressista – il laico Pd Roberto Romboli e il vicepresidente dell’organo, l’avvocato leghista Fabio Pinelli. La Quinta Commissione, competente sugli incarichi direttivi, aveva proposto i due candidati al plenum in posizione di perfetta parità, con tre voti ciascuno. L’elezione del “papa straniero” ricalca quanto accaduto ormai dodici anni fa, quando al vertice della procura etnea fu eletto Giovanni Salvi (poi diventato procuratore generale della Cassazione), unico non siciliano a rompere il derby tra Giovanni Tinebra e Giuseppe Gennaro.
La poltrona di capo dell’ufficio, uno dei più grandi d’Italia (46 pm in pianta organica e 41 in servizio), nonché di importanza fondamentale nel contrasto a Cosa nostra, era vacante ormai da un anno dopo l’addio di Carmelo Zuccaro, diventato procuratore generale sempre a Catania. La scelta del suo successore era considerato un passaggio di estrema delicatezza, tanto da attirare l’attenzione dei massimi vertici del potere giudiziario e politico: per questo la procedura è rimasta congelata lunghi mesi nelle stanze di palazzo Bachelet nell’attesa di una quadra tra correnti e partiti. Una situazione a cui si è ribellato il relatore Mirenda (unico togato eletto senza l’appoggio delle correnti), che a maggio, dopo l’ennesimo rinvio, ha abbandonato i lavori della Commissione con un gesto clamoroso, denunciando l’ingerenza nella discussione di “dinamiche quando non opache, sicuramente estranee alle regole procedimentali e di merito“. Dalle proposte al plenum, peraltro, era rimasto escluso uno dei candidati sulla carta più titolati, vittima dei veti incrociati di destra e sinistra: l’aggiunto catanese Sebastiano Ardita, già procuratore reggente a Messina, membro del Csm, consulente della Commissione parlamentare antimafia e direttore generale al Dap, il Dipartimento carceri del ministero della Giustizia.
A esporre in assemblea la mozione in favore di Puleio è stata la relatrice Claudia Eccher, agguerritissima laica in quota Lega, che ha valorizzato la sua esperienza per quattro anni – dal 2009 al 2013 – a capo della minuscola Procura di Modica e poi, per un anno, da procuratore reggente di un altro ufficio piccolissimo, quello di Caltagirone. Mimma Miele di Magistratura democratica, invece, ha insistito sull’esperienza di Curcio nel “coordinamento della Direzione distrettuale antimafia” in Basilicata, mancante invece a Puleio, e sul fatto che il primo, a differenza del secondo, abbia “esercitato funzioni requirenti per tutto l’arco della sua lunga carriera”. Marco Bisogni di UniCost, sostituto proprio alla Procura catanese, ha esordito parlando di una decisione “particolarmente complessa e ponderata”, affermando però di voler valorizzare la “più lunga attività di contrasto alla criminalità organizzata” da parte di Curcio e chiedendo di “lasciare fuori” dal voto l'”interesse politico locale” suscitato dalla nomina. I consiglieri di UniCost, peraltro, hanno scelto di votare per Curcio nonostante Puleio faccia parte della loro stessa corrente: “Una decisione senza vincoli di appartenenza, la più adatta per la città e per la Procura”, ha sintetizzato Bisogni. Bernadette Nicotra di Magistratura indipendente ha sostenuto la causa di Puleio sostenendo che il suo fosse un “profilo più completo” per “aver svolto anche funzioni giudicanti”: funzioni che però, le ha ricordato Marcello Basilico di Area, ha ricoperto per appena “un anno, sette mesi e dieci giorni, dal 1987 al 1989”. L’indipendente Mirenda – unico eletto senza l’appoggio delle correnti – ha parlato invece di un “fatto macroscopico a favore di Puleio: abbiamo uno dei due candidati 11 anni totali di esperienza tra direttivo e semidirettivo, l’altro con meno di sei anni. Il Testo unico sulla dirigenza giudiziaria (la circolare del Csm che fa da vademecum per le nomine, ndr) valorizza moltissimo le esperienze di dirigenza e coordinamento precedenti. Se fossimo semplicemente fedeli al Testo unico, al netto di ogni ombra, considerazione e influenza, la soluzione sarebbe Puleio”, ha affermato.