“Auguriamo loro tutto il peggio”. Così Sea-Watch International in un post su X commenta la presenza della premier Giorgia Meloni e del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi al Forum Trans-Mediterraneo sulle Migrazioni (TMMF) di Tripoli voluto dal Governo di unità nazionale (Gun) di Abdul Hamid Dbeibah. Il vertica punta a un “coordinamento integrato sotto un’unica egida” del contrasto alle migrazioni illegali, chiarendo che “il progetto dovrà essere guidato dalla Libia“, tornata ad essere il primo Paese di partenza dei migranti diretti in Italia. “Di qualunque cosa parlino, probabilmente mira ad aumentare il numero di uccisioni nel Mediterraneo“, attacca Sea-Watch. In serata la stessa premier Meloni replica a sua volta con un post: la ong “non ha nulla da dire sugli scafisti che si sono arricchiti uccidendo migliaia di persone”. E rivendica: “Andiamo in Libia a confrontarci su come fermare l’immigrazione illegale creando sviluppo”. “Il governo italiano continuerà a lavorare per fermare la tratta di persone, l’immigrazione clandestina e le morti in mare. Che a loro piaccia o meno”, conclude la presidente del Consiglio.

Il post della ong – che definisce anche “distopica” la politica migratoria del governo Meloni – ha scatenato anche le repliche degli esponenti di Fratelli d’Italia: “Vergognosi i toni e i termini usati su X da Sea-Watch”, dichiara Tommaso Foti, capogruppo di FdI alla Camera dei deputati. “Gravissimo l’incitamento all’odio verso un governo che si sta battendo per contrastare i trafficanti di morte e creare le basi per garantire condizioni di vita migliori in Africa grazie al piano Mattei. Chiediamo una condanna unanime per quanto accaduto”, prosegue Foti. “Esprimo sdegno assoluto”, gli fa eco il deputato di FdI Giandonato La Salandra, che aggiunge: “Si dicono associazione umanitaria ma augurano il peggio alle istituzioni, un’offesa sfrontata e indegna all’Italia, che non possiamo accettare”.

Nell’ultimo rapporto sulle rotte di terra in Africa pubblicato con l’Oim e il Mixed Migration Centre (Mmc), la Libia è al primo posto tra le aree dove i migranti denunciano di aver subito violenza sessuale e rapimenti a scopo di riscatto. In Libia i migranti sono vittime di gruppi armati e bande, ma anche di forze di polizia, militari, guardia di frontiera e ufficiali dell’immigrazione. Migliaia i migranti che ogni anno sono vittime di detenzione arbitraria, anche nei centri governativi, compresi tanti di coloro che la cosiddetta guardia costiera libica intercetta in mare e riporta indietro: oltre diecimila da inizio anno, anche minacciando gli equipaggi delle navi umanitarie e gli stessi migranti com’è accaduto ancora nei giorni scorsi.

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