L’erosione si aggrava mentre l’Italia non ha una legge sul consumo di suolo, la gestione delle concessioni balneari resta un far west e gli eventi estremi nelle aree costiere aumentano del 14,6% rispetto allo scorso anno: dal 2010 a giugno 2024 sono stati 816, il 39% dei circa duemila eventi estremi avvenuti in tutta Italia, e hanno coinvolto 265 dei 643 comuni costieri. Solo nell’ultimo anno si sono contati 104 casi. Sono alcuni dei dati contenuti nel “Rapporto Spiagge 2024. Gli impatti di erosione ed eventi meteo estremi nelle aree costiere italiane” di Legambiente, presentato a Catania in attesa dell’arrivo in Sicilia di Goletta Verde, la campagna che solca i mari italiani per il monitoraggio delle acque. Nel rapporto si ricorda anche l’ultimo censimento di Ispra sulle spiagge: in Italia, la superficie complessiva degli arenili misura appena 120 chilometri quadrati, meno del territorio del solo municipio romano di Ostia. Le spiagge hanno una profondità media di circa 35 metri, occupano appena il 41% delle coste (3.400 chilometri su un totale di più di 8.300) e dovranno fare i conti con una crescente erosione costiera. Ed è proprio in questo contesto che, complice il ritardo del governo Meloni nella gestione delle concessioni balneari, Regioni e Comuni stanno procedendo nella confusione più totale senza un quadro normativo unico di riferimento.
Gli eventi estremi colpiscono le coste meridionali – Per individuare i territori più a rischio e intervenire di conseguenza con azioni di adattamento, è importante capire quanto gli eventi estremi siano concentrati in luoghi specifici. I 265 comuni costieri colpiti rappresentano, infatti, solo il 3,3% del totale dei comuni italiani (7.901). Il Mezzogiorno è l’area più colpita: la Sicilia è al primo posto con 170 eventi, quasi il 21% del totale nazionale in aree costiere. “Le spiagge siciliane devono essere tutelate”, afferma Tommaso Castronovo, presidente di Legambiente Sicilia, secondo cui “è fondamentale adottare i Piani di utilizzo del demanio marittimo (Pudm) prevedendo che almeno il 50% del nostro litorale sia destinato alla libera fruizione”. Seguono Puglia (104), Calabria (82), Campania (78) e, prima regione del nord, la Liguria (75). Tra i comuni al primo posto c’è Bari con 44 eventi estremi, poi Genova (36), Agrigento (32) e Palermo (27). Degli 816 eventi registrati negli ultimi 14 anni, 295 sono allagamenti da piogge intense, 226 i danni da trombe d’aria e raffiche di vento, 83 da mareggiate, 81 danni alle infrastrutture, 47 esondazioni fluviali, 23 danni da grandinate, 21 frane da piogge intense, 19 danni da siccità prolungata, 12 legati alle temperature record in città e nove danni al patrimonio storico. “Innalzamento della temperatura e del livello del mare, erosione costiera, eccessiva antropizzazione dei litorali, inondazioni, eventi meteo estremi: le nostre coste italiane sono in una condizione di forte fragilità” commenta Sebastiano Venneri, Responsabile Turismo e Innovazione territoriale di Legambiente. E aggiunge: “Davanti a uno scenario così drammatico fa specie che in Italia il dibattito sulle coste italiane si riduca solo al tema della Bolkestein: di questo passo, infatti, fra qualche anno non ci saranno più spiagge da affidare in concessione”.
Il far west delle concessioni balneari – Se da molti anni si lamentava l’assenza di dati ufficiali aggiornati sul numero di concessioni per stabilimenti balneari, la situazione avrebbe dovuto essere risolta dalla mappatura ufficiale portata avanti dall’apposita commissione prevista dalla Legge per il mercato e la concorrenza 2021. Nonostante i ritardi (la comunicazione è arrivata solo a fine ottobre 2023) i risultati della mappatura fanno riflettere. “Secondo i tecnici del ministero, solo il 33% delle coste italiane è oggetto di concessioni. Il calcolo è stato effettuato sul totale della costa italiana e non sulle sole aree balneabili e di costa bassa, includendo quindi anche i tratti di costa rocciosa, quelli non accessibili, le spiagge non appetibili per motivi oggettivi o quelle che non possono essere date in concessione perché sono presenti infrastrutture e manufatti”, denuncia Legambiente. Inoltre, i criteri tecnici utili a determinare la sussistenza della scarsità della risorsa naturale tengono conto del dato nazionale “aggirando l’importante questione di fondo degli squilibri rispetto alla diffusione degli stabilimenti balneari nel nostro Paese, ossia la presenza di regioni dove il litorale è occupato al 70% (come Liguria, Emilia-Romagna e Campania) e ancor di più in specifici comuni, mentre in altre regioni l’occupazione è molto più ridotta”. La stessa Commissione europea lo ha evidenziato, mentre il Consiglio di Stato ha affermato con tre sentenze che le proroghe generalizzate delle concessioni demaniali agli stabilimenti sono illegittime perché in contrasto con la normativa dell’Ue e che, entro il 31 dicembre 2024, tutti i territori dovranno bandire procedure di gara imparziali e trasparenti. Ma in Italia si procede nella confusione più totale senza un quadro normativo unico di riferimento.
Sette proposte per il futuro delle coste italiane – Legambiente lancia così al Governo sette proposte per il futuro delle coste italiane. Si parte dall’attuazione del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, stanziando le risorse ed emanando il decreto per l’insediamento dell’Osservatorio nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici. A dire il vero, come raccontato sul nuovo numero di FQMillenniuM in edicola, il governo è già in ritardo sulla tabella di marcia. Tra le proposte anche quella di superare la logica dell’emergenza e degli interventi invasivi per la difesa delle coste dall’erosione, procedendo invece con interventi di rinaturalizzazione delle coste, ricostituendo le fasce dunali e zone umide e paludose e fermando il cemento sulle spiagge. Non è più possibile, poi, rimandare al futuro un quadro normativo unico da rispettare in tutta Italia per l’affidamento delle concessioni balneari tramite bandi “per garantire libera e gratuita fruizione delle spiagge, premiando nell’assegnazione la qualità dell’offerta e le scelte di sostenibilità ambientale”.