Erano “contigui” a un “clan di Cosa Nostra” del Messinese e facevano di tutto per arraffare appalti, anche finanziati con i fondi del Pnrr. E hanno tentato perfino di entrare nei lavori per le Olimpiadi Milano-Cortina del 2026. Il loro sistema ideato per aggirare le interdittive antimafia è finito giovedì mattina, quando sono stati arrestati su ordine del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano. Pesante l’accusa nei loro confronti: intestazione fittizia di beni aggravata dall’aver agevolato la mafia.

Al centro dell’inchiesta della Dia e del Gico della Guardia di finanza ci sono gli imprenditori Francesco Scirocco e Giovanni Bontempo, considerati “vicini” al clan mafioso dei Barcellonesi. Secondo la ricostruzione della pubblico ministero Silvia Bonardi della Dda di Milano avrebbero tentato anche di aggiudicarsi una gara “bandita da Infrastrutture Milano Cortina 2026″ per “l’affidamento di lavori” per realizzare il “parcheggio interrato Mottolino località Bondi” a Livigno, in provincia di Sondrio, e opere connesse per un valore di oltre 28 milioni di euro.

Stando alle accuse della procura di Milano, guidata da Marcello Viola, i due “attraverso società principalmente operanti nel settore edilizio a Milano” – tra le quali la Infrastrutture M&B Srl – avrebbero “consentito l’operatività di realtà imprenditoriali riconducibili a Cosa Nostra”. Le posizioni patrimoniali di Bontempo, 47 anni, e Scirocco, 59 anni, sono entrambi originari del Messinese, rispettivamente di Sant’Agata di Militello e Gioiosa Marea, e i flussi di denaro che hanno riguardato entrambi negli ultimi anni, secondo gli inquirenti, non trovano spiegazione nelle dichiarazioni fiscali sui redditi percepiti. Il giudice ha anche ordinato il sequestro di 5 milioni di euro e, contestualmente agli arresti, sono scattate perquisizioni tra Roma, Catania, Messina, Firenze, Napoli e Catanzaro.

In particolare, i destinatari della misura restrittiva, “già colpiti in passato da misure di prevenzione patrimoniali sarebbero responsabili, in concorso con altri soggetti, di condotte fraudolente finalizzate all’intestazione fittizia di diverse società aggiudicatarie di appalti pubblici”. I due – sempre secondo la Dda coordinata da Alessandra Dolci – avrebbero tentato di entrare in diversi lavori “alcuni dei quali di ingente importo e/o finanziati con fondi del Pnrr, senza incorrere nelle misure interdittive delle autorità prefettizie”. Una volta ottenuta l’aggiudicazione delle commesse, spesso in associazione temporanea con altre imprese, le società riconducibili agli indagati provvedevano poi a conferire l’esecuzione materiale dei lavori ad altre società, anche con sede in Calabria.

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