“La riforma Cartabia e la riforma Nordio sono riforme caratterizzate da una finalità di fondo: la protezione dei potenti. Spacciano per garantismo quella che in realtà è bieca protezione del potere“. Sono le parole pronunciate da Nino Di Matteo dal palco di via D’Amelio a Palermo. Nel giorno del trentaduesimo anniversario della strage che ha ucciso il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta, il pm della Procura nazionale antimafia punta il dito su quelle che definisce “gravissime” riforme.

“Distanza siderale tra riforme e problemi” – Di Matteo elenca alcune delle novità: la limitazione delle intercettazioni, il divieto di pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare, l’abrogazione dell’abuso d’ufficio, l’ennesima riforma della prescrizione. “Questo è stato l’anno in cui molte riforme sul tema della giustizia, di cui si parlava da tempo, sono state avviate nel loro iter parlamentare o addirittura sono state approvate”, ricorda il magistrato antimafia: “Non voglio entrare nel merito – precisa – ma quello che colpisce è la siderale distanza fra le riforme di cui si discute in parlamento e i problemi che affliggono la giustizia legati alla lentezza del processo”.

“Un Paese al contrario” – Dal palco di via D’Amelio Di Matteo sottolinea che “questo non è il Paese che sognavano Falcone e Borsellino, non è il Paese per cui tanti servitori dello Stato hanno sacrificato la loro vita, non è questo lo Stato per cui meritava di essere sacrificata la loro vita”. Un Paese “al contrario”, lo definisce il magistrato, dove “è stato consentito a persone come Silvio Berlusconi di governare a lungo e di essere rappresentato, dopo la sua morte, come un padre della Patria a cui dedicare giornate di lutto nazionale e intitolare aeroporti“, ha sottolineato il magistrato facendo riferimento alla molto contestata intitolazione di Malpensa al fondatore di Forza Italia.

Scarpinato: “Stragi come elefante in una stanza” – Poco prima di Nino Di Matteo, sempre in via D’Amelio – dal palco allestito dalle Agende Rosse – è intervenuto l’ex magistrato antimafia (oggi senatore del Movimento 5 stelle) Roberto Scarpinato: “È possibile non vedere un elefante in una stanza? In Italia sì, in un palazzo del potere, lo Stato si rifiuta di vederlo. L’elefante equivale alle prove che le stragi avvennero con l’intervento di apparati statali. Questo elefante non si vuole vedere e non si guardano tutti quegli elementi che ci raccontano una storia contraria, che sono i processi. Ci sono decine di collaboratori che ci raccontano tutto”, ha detto Scarpinato. “Le stragi del ’92 e del ’93 – ha aggiunto – sono state organizzate per accelerare il collasso della Prima Repubblica. Voi volete mai che queste forze politiche vogliono guardare l’elefante? Vogliono guardare il topolino, la formica, non l’elefante. Voi volete mai che Forza Italia voglia ripercorrere gli attentati di mafia da parte di un partito che è stato fondato da Dell’Utri e da Berlusconi, quest’ultimo esponente della P2?”, ha chiesto Scarpinato al pubblico presente.

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