Ursula Von der Leyen è stata eletta con 401 voti, più dei 361 necessari e della maggioranza di 9 voti ottenuta nel 2019. È interessante notare che la somma dei membri di PPE, Socialisti e Liberali è esattamente 401: ciò significa che l’ingresso formale dei Verdi nella cosiddetta “maggioranza Ursula” ha fatto la differenza. I criteri che lei ha citato per questa maggioranza è il fatto di essere pro-europei, pro-Ucraina, pro-Stato di diritto. Ora dovrà formare la sua squadra in accordo con i governi degli Stati membri e tornare di fronte al Parlamento Europeo in autunno.

Ursula Von Der Leyen ha introdotto le sue priorità con un discorso attentamente equilibrato e piuttosto ambizioso, pur se non scevro di ambiguità e omissioni; ha riconosciuto la necessità di massicci investimenti pubblici e la necessità di mettere a frutto le risorse dell’Ue in linea con le priorità in materia di ambiente, industria, questioni sociali, difesa e ruolo esterno della Ue, ma non si è spinta a chiedere nuovi strumenti finanziati da debito comune come Next Generation Eu e allo stesso modo, su immigrazione e stato di diritto, resta esposta a molte perplessità in particolare riguardo alla tolleranza di pratiche discriminatorie nei confronti dei migranti esercitati da alcuni governi degli stati membri, dalla Polonia, alla Grecia, alla stessa Italia.

Ha iniziato il suo discorso parlando molto di industria, sia grande che piccola, di sburocratizzazione e di competitività, ma è stata attenta a non mettere in discussione il Green Deal; anzi ha confermato tutti gli obiettivi di riduzione delle emissioni, incluso quello in discussione sulla riduzione delle emissioni del 90% per il 2040; si è impegnata a presentare un nuovo Patto per l’industria “pulita” e per posti di lavoro di qualità, da presentare nei primi 100 giorni, con l’obiettivo di decarbonizzare e far scendere i prezzi dell’energia; ha parlato della revisione delle norme sugli appalti pubblici per dare impulso ad alcuni settori strategici, tra cui l’economia verde. Ha inoltre ripreso la proposta di un Piano europeo di adattamento al clima, per sostenere gli Stati membri in particolare nella preparazione e nella pianificazione.

Tra le tematiche “nuove” su cui ha espresso l’intenzione di occuparsi anche attraverso l’attribuzione di competenze specifiche ai suoi Commissari/e, c’è naturalmente la difesa, ma anche la casa, grande priorità di Socialisti e Verdi, l’equità intergenerazionale, il Mediterraneo, e la semplificazione di norme e adempimenti. In particolare, sulla casa ha proposto il raddoppio dei fondi di coesione per l’edilizia abitativa e la revisione delle norme sugli aiuti di Stato. Ha anche reiterato il sostegno all’Ucraina e la necessità di un cessate il fuoco immediato a Gaza; ha condannato in modo esplicito le azioni di Orban e i suoi viaggi senza mandato (e senza alcun frutto positivo) da Putin, Xi e Trump e ha rivendicato una serie importante di risultati sui quali ritiene necessario basare l’azione della futura Commissione europea, dal Next Generation EU, al patto sulle migrazioni, al superamento della dipendenza dal gas russo e naturalmente il Green Deal. Ha citato gli autori del Manifesto di Ventotene e l’ambizione di una riforma democratica e ha più volte sottolineato come l’Europa più forte può e deve rispondere ai pericoli, disinformazione, polarizzazione, violenza, che corrono le nostre democrazie.

Insomma, lungi dal mettere la Commissione in un ruolo subordinato rispetto ai governi nazionali come molti, compreso il nostro, vorrebbero, ha invece rivendicato un ruolo centrale e autonomo per la sua istituzione, interpretata come lo strumento di un’azione comune che deve essere sempre più forte rispetto all’instabilità e incertezza del contesto politico ed economico attuale; ha menzionato un gran numero di iniziative, e, in alcuni casi, organismi e agenzie che necessitano di molte risorse, personale e strumenti comuni; resta da capire dove troverà i soldi e le risorse anche umane per farlo in assenza di nuovi strumenti finanziari comuni e di un salto decisivo nel bilancio dell’Ue, che rimane un tabù per molti governi nazionali. Resta chiaro se non si trova il modo di superare questa impasse molte delle sue ambiziose intenzioni rimarranno lettera morta.

Di fronte a questi contenuti e priorità, il voto negativo della delegazione di Fratelli d’Italia è stato perfettamente logico e coerente, nonostante le pressioni che sono arrivate alla Presidente Meloni nei giorni precedenti il voto. Non c’è condivisione né delle priorità politiche, dal Green deal allo stato di diritto, né sulla visione del ruolo dell’Unione Europea rispetto ai governi nazionali: è stata una scelta coerente di cui bisogna dare atto a Giorgia Meloni e il suo partito. Peraltro, l’Italia avrà senz’altro un/a Commissaria di peso: ma è bene ricordare che i commissari europei non son al servizio dei loro governi e il/la nominata dovrà rispettare e fare valere le regole europee: tassisti e balneari sono avvertiti…

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