La gara di addio di Alex Schwazer è finita poco prima del 14° km, dopo un’ora e un minuto, fermata da un dolore insostenibile, sotto la pioggia che ha bagnato lo stadio di Arco e di fronte alla sua famiglia, agli amici e a un migliaio di persone che lo hanno incitato in tribuna. “Volevo completare i venti chilometri, ma mi sono dovuto fermare perché da tre settimane combatto con una sciatalgia. Non posso poggiare bene le gambe. La marcia ha le sue regole e se non riesco a seguirle, non è più marcia, ma sono contento di questa giornata straordinaria. Ho vissuto otto anni allucinanti. La famiglia, gli amici sanno. Oggi ho avuto i brividi a tornare in pista, a provare queste emozioni e a mostrare ai miei figli Ida e Noah chi è il papà di cui hanno sentito parlare. Non dovevo dimostrare niente oggi, ma solo marciare, anche con una gamba sola. La mia carriera finisce qui, ma l’atleta resta atleta. Anche a cinquant’anni, se potrò, farò le gare del mio paese. Nel mio futuro c’è altro, vedremo, ho i miei progetti. I tribunali, le battaglie e questi otto anni sono ormai il passato. Ho lottato fino all’ultimo per difendermi da cose che non avevo fatto”.

Alex Schwazer il 26 dicembre taglierà il traguardo dei 40 anni. Il viso è quello di un uomo maturo. I capelli mostrano segni di cedimento. Le gambe sono stremate. La famiglia e i figli Ida e Noah, sono quassù, tra le montagne, a incitarlo. Sul prato, il professor Sandro Donati, cronometro in mano, a un certo punto, informa via microfono il pubblico sulla prestazione di Alex. Il passo, l’eleganza e il ritmo sono ancora quelli di un grandissimo atleta, di un campione che era entrato nell’inferno del doping, era stato beccato a Londra nel 2012 e dopo aver scontato la prima squalifica di 3 anni e nove mesi, era tornato in gara, il 29 aprile 2016, in tempo per guadagnare il pass per Rio 2016. Alex si era affidato per il ritorno all’attività al professor Sandro Donati, referente internazionale della lotta al doping. Una coppia formidabile: il talento smisurato redento e il simbolo dell’integrità. Il 21 giugno 2016, la bomba: la notizia di una seconda positività, riscontrata in un controllo effettuato il 1° gennaio 2016, durante un breve viaggio di Alex nella sua Racines. Una storia che apparve subito strana e controversa. A ruota: l’8 luglio 2016 la sospensione da parte della Iaaf; l’8 agosto a Rio l’anomala discussione del ricorso sotto l’arbitrato del Tas; il 10 agosto il rigetto del ricorso e la squalifica per 8 anni; l’inizio di una lunga battaglia per sostenere la tesi della manipolazione delle urine, evidenziata nel 2018 dall’alta concentrazione di DNA all’interno dei campioni – anomalia senza spiegazione scientifica perché all’interno delle urine il DNA si distrugge in tempi brevi -; la richiesta di archiviazione da parte del Gip di Bolzano il 18 febbraio 2021 “per non aver commesso il fatto, ritenendo accertato, con alto grado di credibilità, che i campioni furono alterati per ottenere la squalifica e il discredito dell’atleta e del suo allenatore, Sandro Donati”; la conferma dello stop di 8 anni.

Il professor Donati non ha dubbi: “È la storia peggiore che ho vissuto, una carriera distrutta in modo delinquenziale. Posso anche capire l’imbarazzo delle istituzioni sportive nel gestire una vicenda come questa, ma bastava riconoscere che il verbale dell’ispettore che gestì il campione di urine era menzognero. Il documento riportava che l’ispettore aveva seguito una procedura regolare, ma successivamente, durante l’audizione di Rio, lo stesso ispettore ammise che il giorno del prelievo di Racines aveva lasciato sulla scrivania del suo ufficio le chiavi che davano accesso alle provette. Tante persone avevano accesso a quell’ufficio e c’è un buco di ben quindici ore dalle 15 del 1° gennaio in cui l’ispettore abbandonò l’ufficio alle 6 del mattino successivo in cui il materiale fu consegnato. Questi otto anni sono stati un inferno perché non c’è stato solo il dolore di vedere la sofferenza di Alex, ma tutto il contorno: i comportamenti delle istituzioni, i galoppini, il discredito di bollare Alex come un dopato irrecuperabile. Mi ribolle il sangue. Il futuro di Schwazer? È un uomo intelligente e potrebbe fare molto, ma temo che sarà estromesso e emarginato come è capitato al sottoscritto”.

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