“Avevo diverse squadre che mi seguivano nel ’74, tra queste c’era il Genoa che però mi bocciò, aveva Suarez come osservatore. Mi prese l’Inter e chi trovai sulla panchina? Suarez!”.
Franco Cerilli è uno di quelli che le interviste te le serve già infiocchettate e pronte, dosando aneddoti, colpi di scena e tempi alla perfezione, proprio come dosava gli assist per i compagni da calciatore. Una caratteristica che a 20 anni, nel 1973, gli vale lo status di giovane promessa mentre gioca in C, alla Massese, e l’attenzione di tanti grandi club: “Dal Genoa alla Fiorentina e altre società che non ricordo anche perché non ci dicevano nulla. Suarez era l’osservatore del Genoa e mi bocciò, poi lessi dai giornali che ero stato ceduto all’Inter”.

Era l’estate 1974, una vita fa, quando un calciatore veniva ceduto praticamente a sua insaputa scoprendolo solo dai giornali: “Non mi avevano detto nulla, davvero. Probabilmente fu perché in un’amichevole c’erano tra gli spettatori anche i coniugi Fraizzoli (Ivanoe all’epoca era il presidente dell’Inter) e feci bene, tanto che mi fecero osservare per tutto l’anno e poi mi presero. Il prezzo? 200 milioni più Mutti e un’amichevole”. L’etichetta per Cerilli è di quelle pesanti: è l’Inter del post Herrera, e lui deve essere ‘il Nuovo Corso‘: “Cosa che mi dà ancora fastidio: giocatore meraviglioso per carità, ma a me piaceva Sivori, avevo anche il poster in camera”.

E per sostituire Herrera i Fraizzoli vorrebbero il profeta dell’Ajax Kovacs in panchina, ma il colpo non riesce e allora si punta su Luisito Suarez: “La prima da titolare la giocai a marzo contro la Lazio, vincemmo tre a uno e feci molto bene, i giornali parlavano tutti di me. Poi alla successiva c’era il derby col Milan e il mister mi mise in un ruolo non mio, a sinistra: avevo contro Sabadini e non solo dovevo attaccare, ma pure correre dietro a un centometrista come lui e da lì fui messo in naftalina”.

Tutta l’esperienza in nerazzurro, dunque, non prese una bella piega: “Nè Suarez né Chiappella mi fecero giocare granché, l’Inter era anche in una fase di transizione e io non mi sono espresso completamente. Però sono anni che ricordo con orgoglio e contentezza, ho giocato con gente come Facchetti e Mazzola, conosciuto persone come Boninsegna e Bertini. Bonimba era una belva dentro il campo quanto dolce, gentile ed educato fuori, Bertini una grandissima persona: da loro ho imparato tanto”.

L’Inter lo manda in prestito al Lanerossi Vicenza: “Il primo anno abbiamo vinto il campionato di B, poi mi mandarono al Monza in prestito ma a novembre richiamò il Vicenza e andai subito lì. Arrivammo secondi in campionato, ma senza mai pensare di poter vincere lo Scudetto: ci divertivamo, eravamo forti ma non in grado di vincere il campionato. Un gruppo vero: pensate che per dieci anni, dopo che abbiamo smesso, ci vedevamo ogni sabato sfidando squadre dei campionati minori per poi andare a cena”. Con lui c’è Pablito Rossi: “Eh, un amico vero. Mi commuovo ancora a guardare le foto: siamo stati amici per 45 anni. A Napoli, visto che Paolo non segnava da tanto, invece di tirare in porta quando ero solo davanti al portiere gliela passai per fargli far gol: vincemmo 4 a 1 e il San Paolo ci applaudì anche. Paolo era una persona stupenda, non è mai stato divo neppure dopo il Mondiale vinto nell’82, si fermava con tutti e aveva un sorriso per tutti. Io uno come lui non l’ho mai conosciuto e mi manca ancora oggi”.

E nel calcio di oggi, oltre a Paolo Rossi, manca anche altro secondo Cerilli: “Non c’è fantasia, ma è normale se non si vede più un bambino che gioca per strada: a sei anni li portano alle scuole calcio e invece di provare i colpi che gli vengono in mente fanno la tattica. I risultati penso siano sotto gli occhi di tutti”.

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