In campagna elettorale la premier Meloni aveva promesso la flat tax incrementale per i lavoratori dipendenti. Gli incrementi di reddito sarebbero stati tassati non con l’aliquota marginale ma con un’aliquota ad hoc, in generale dimezzata. Dopo due anni questo nuovo tassello del fisco nero è arrivato, ma non per tutti. La flat tax incrementale probabilmente arriverà all’interno della disciplina del nuovo concordato preventivo per gli autonomi. La commissione Finanze del Senato ha approvato un parere vincolante che impegna il legislatore ad introdurre una sorta di flat tax incrementale sulla differenza tra reddito concordato e quello dichiarato dal contribuente nel periodo d’imposta precedente, scaglionata, con aliquote crescenti a seconda del punteggio Isa. Non c’era copertura finanziaria per estendere la flat tax incrementale ai lavoratori dipendenti; invece sembra esserci per favorire gli autonomi. Un fisco sempre più partigiano e clientelare. In realtà, questo sconcio sconto serve per evitare il fallimento della nuova misura. Che nuova non è, ma è semplicemente la ripresa di una proposta avanzata a suo tempo dal ministro Tremonti. Misura che, non essendo accompagnata da zuccherini fiscali, è stata un flop.
Questa nuova flat tax avrebbe nella proposta parlamentare ben tre aliquote a seconda dell’indice di affidabilità fiscale. Per chi ha un indice inferiore alla sufficienza, il disonesto incallito, l’aliquota è del 15%, un terzo di quella marginale. Una assoluta convenienza insomma per il fortunato possessore di redditi aggiuntivi, tradizionalmente poco leale con il fisco e in questo modo potrebbe rimettersi in regola.
Con il concordato preventivo per gli autonomi si chiudono i provvedimenti previsti dalla delega fiscale voluta dal ministro Leo. Che giudizio possiamo dare di questi interventi che sostanzialmente hanno riguardato la rimodulazione dell’Irpef, venti e più condoni, l’estensione della flat tax degli autonomi e da ultimo il concordato fiscale, sempre per gli autonomi? Siamo di fronte ad un fisco diventato più equo e più semplice? Difficile sostenerlo, anzi il sistema fiscale italiano non è mai stato così lontano dalla Costituzione e da un principio di equità e di buon senso che vuole che ciascuno contribuisca alla spesa dello Stato secondo le sue possibilità economiche.
Il fisco del ministro Leo, in realtà è il secondo tempo del fisco della destra. Il primo tempo ha visto come protagonista assoluto il ministro Tremonti e la sua delega fiscale del 2003 che però non ebbe molta fortuna. La proposta delle due aliquote Irpef venne abbandonata come molti altri aspetti, tra cui il concordato preventivo, per motivi di sostenibilità economica con un debito pari al 100% del Pil. La nuova delega fiscale del ministro Leo, nei fatti, è una pessima fotocopia di quella del ministro Tremonti, nel frattempo passato nel partito della Meloni per contingenze elettorali. Pessima naturalmente per i cittadini onesti, molto vantaggiosa invece per tutti gli altri. La differenza sostanziale è che il prof. Tremonti è uno studioso e un’intellettuale. Aveva in mente una proposta fiscale che riguardasse tutti i contribuenti e non determinate categorie. Il ministro Leo, al contrario, è un professionista e ha rivolto l’attenzione della compagine governativa essenzialmente agli interessi particolari di alcune categorie di contribuenti, sostanzialmente il mondo del lavoro autonomo, con larghe concessioni fiscali e abbondanti condoni.
Naturalmente poi il contesto era diverso. Con Tremonti il debito era appena al 106% del Pil, ora siamo al 140%. Tremonti ha dovuto fare marcia indietro, cosa che invece non ha fatto il ministro Leo che si è inventato a questo scopo molte contorsioni fiscali, rendendo il nostro sistema sempre più incomprensibile e capzioso. Per esempio, l’Irpef è stata ridotta, ma per un anno e solo per i contribuenti sotto i 50.000 euro. I quattro miliardi (a debito) che servono per rinnovare la manovra non si sa se ci saranno nel 2025. L’aliquota Irpef annuale è una delle sue strampalate invenzioni e i condoni non potranno essere ripetuti ogni anno. Ora la maggioranza propone al governo la flat tax a punti
per invogliare i presunti evasori a far emergere il reddito, una vera stranezza. Il fisco è diventato sempre più precario e ingiusto, luogo di privilegi feudali in mano ai capricci della politica. Una specie di villa veneta dove ai piani bassi, quelli della servitù operosa, ci sono i contribuenti fedeli e obbligati al pagamento delle tasse, ai piani alti coloro che se la spassano, fiscalmente parlando, comodamente assistiti da professionisti e politici compiacenti.
Con il passaggio dal liberale Tremonti al fiscalista Leo il sistema fiscale italiano ha subito un processo di evidente degrado, finanziario ma anche intellettuale e morale. Riuscirà il ministro, istituzionalizzando in un certo senso l’evasione attraverso il concordato preventivo, a recuperare le risorse illecitamente sottratte? Tutto dipende, come al solito, dalla convenienza dell’operazione. Molti contribuenti, assistiti da ben pagati professionisti, faranno i loro calcoli per capire se la fedeltà fiscale è anche conveniente. Anche le virtù ormai si comprano. Siamo arrivati ad un indecente fisco prêt-à-porter per categorie fiscalmente privilegiate.
Qualche anno fa, il ministro Visentini disse che le dichiarazioni fiscali degli italiani facevano schifo perché non era possibile che professionisti e lavoratori autonomi dichiarassero redditi così miseri. Eravamo nel 1976. La situazione a 50 anni di distanza è cambiata? Direi di sì, ma in peggio visti i dati sull’evasione fiscale ma anche sul piano morale. Allora gli autentici liberali si indignavano, ora invece si ripiega su di concordato fiscale super agevolato, che altro non è che la resa dello Stato di fronte a chi evade il 70% dell’imposta da pagare. Un altro, e sicuramente non ultimo, tassello del fisco nero della destra, il fisco più iniquo e inefficiente di sempre. Rimane il fatto che la flat tax
incrementale, così come sembra articolata, sarebbe un ulteriore regalo agli autonomi e i lavoratori dipendenti sono stati beffati, in barba alle demagogiche promesse elettorali. Ancora una volta il fisco nero non è il fisco per tutti.