Giustizia & Impunità

Tutte le “criticità” dentro l’Ilva, dai tubi “corrosi” alle “perdite” di gas coke: “Così l’abbandono manutentivo ha portato ai picchi di benzene”

Primi giorni dello scorso anno: in una nota Arpa Puglia mette nero su bianco la “critica situazione” dei picchi delle concentrazioni di benzene. Inizia così la nuova maxi-inchiesta della procura di Taranto sull’Ilva di Taranto. Perché gli specialisti dell’Agenzia regionale dell’ambiente e ora i magistrati jonici sono certi che quell’incremento era “correlabile inconfutabilmente alle attività” […]

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Primi giorni dello scorso anno: in una nota Arpa Puglia mette nero su bianco la “critica situazione” dei picchi delle concentrazioni di benzene. Inizia così la nuova maxi-inchiesta della procura di Taranto sull’Ilva di Taranto. Perché gli specialisti dell’Agenzia regionale dell’ambiente e ora i magistrati jonici sono certi che quell’incremento era “correlabile inconfutabilmente alle attività” della cokeria dell’acciaieria, come già avevano segnalato nel 2021. A metà marzo di quest’anno, una nuova conferma al termine di nuove indagini della stessa Arpa che “convergono nell’individuare l’area sottoprodotti” come “una rilevante sorgente emissiva di benzene”. Ma accanto ai documenti dell’Arpa c’è tanto altro, comprese le relazioni dell’Asl di Taranto sulle “preoccupazioni di carattere sanitario”. È su queste basi che si articola il lavoro dei pm Mariano Buccoliero e Francesco Ciardo che ipotizzano, a carico dell’ex ad Lucia Morselli e di altre 8 persone, l’associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’inquinamento e alla truffa ai danni dello Stato.

Tubi corrosi e valvole ammalorate: le criticità
Perché la causa dei picchi di benzene – è la convinzione dei magistrati della procura guidata da Eugenia Pontassuglia – è da ricercare in quello che viene definito un “abbandono manutentivo” di alcune aree del siderurgico. Alla base c’è il lavoro dello Spesal dell’Asl di Taranto, sostanziato in una nota del 14 giugno scorso. Nei mesi precedenti i tecnici sono entrati molte volte nell’Ilva. Il 12 e il 19 aprile si concentrano sull’area cokeria e rintracciano “ristagni liquidi” vicino alle tubazioni, “valvole ammalorate”, “tratti di tubazioni ammalorate con evidenti segni di corrosione”. E ancora: “Impianti di trattamento aria/pressurizzazione non in funzione”. Il 22 maggio i tecnici sono di nuovo all’interno del siderurgico, nell’area Sottoprodotti e rintracciano alcuni filtri “completamente sporchi”, altri “assenti” o in “pessime condizioni di pulizia”. Passano nove giorni e lo Spesal controlla l’area Batterie 8, 9 e 12 evidenziando diverse “criticità”, tra cui “emissioni di gas” e “fuoriuscita di fumi” dagli impianti.

Le “perdite di gas coke” e i mancati controlli
Ma la situazione più grave è quella rintracciata tra febbraio e marzo nella “zona inversione” della Batteria 7, dove “veniva accertata la fuoriuscita di liquido dalla tubazione gas coke e la presenza di incrostazioni e punti di corrosione sui rubinetti di alimentazione del gas coke”, e nella zona Treno Nastri 2 dove viene rintracciata una “perdita di gas coke”. Lo stato degli impianti ispezionati porta lo Spesal a controllare anche i documenti prodotti da Acciaierie d’Italia, ora in amministrazione straordinaria per volere del governo Meloni, negli anni precedenti. E nel 2022 “non si ha riscontro di controlli visivi” in alcuni tratti delle tubazioni del gas in quelle aree. La conclusione è senz’appello anche sulle Batterie: “Si riscontra che nulla veniva segnalato nelle ispezioni visive effettuate nel 2022-2023 al contrario delle criticità che sono emerse successivamente nelle ispezioni effettuate nel 2024 (nuova gestione dell’impianto)”.

Per i pm i lavoratori esposti a sostanze cancerogene
Sulla base degli accertamenti, il giudizio dello Spesal è netto: “Accertato il cattivo stato di manutenzione” di quelle aree con le tubazioni gas coke in “abbandono manutentivo”. Cosa ha comportato tutto ciò? “Ha determinato nel tempo delle perdite di gas coke con conseguenti emissioni diffuse e non controllate, confermate dai valori di benzene evidenziati nel report Arpa”. Una condizione che, ad avviso degli inquirenti, “espone i lavoratori ad elevate concentrazioni di sostanze cancerogene-mutagene-teratogene”. Non solo: le cattive manutenzioni avrebbero anche comportato una “compromissione ed un deterioramento significativo dell’aria della città di Taranto determinando un incremento, significativo e misurabile, delle concentrazioni medie annuali, mensili, giornaliere di benzene” registrate dalle centraline di monitoraggio di qualità dell’aria installate in via Machiavelli e in via Orsini, nel quartiere Tamburi. Un disastro ambientale secondo l’ipotesi degli inquirenti, convinti che la “promotrice e organizzatrice” sia stata proprio Morselli, la quale è ritenuta anche consapevole della presunta truffa ai danni dello Stato sul sistema di quote di Co2.