Società

Si muore di caldo e non solo

di Stella Saccà

La signora con il pareo lilla, a pochi metri da me, in spiaggia, si lamenta del caldo. C’è molta umidità, dice. Il marito le dà ragione. E riportano le loro teste in basso, lei su un libro di cui non riesco a leggere il titolo – perché non trova pace e si sposta di continuo – lui sulla settimana enigmistica. Dopo pochi minuti di silenzio, lui le chiede aiuto per una soluzione. Lei risponde che non lo sa. “Mi manca solo questa”, dice allora lui. “Cerca sul telefono”, dice allora lei. “Ma che me frego da solo?”, chiede lui. “Ao’ fa’ come te pare allora, lasciala in bianco”. Il signore prende il telefono, non so se la moglie lo abbia convinto o meno. “Mamma mia, sta cosa che hanno bombardato un ospedale di bambini… Non ce se crede”, dice lui. La moglie chiede chi. “La Russia. Più di trenta morti. Ma come se fa, i bambini…”.

“Maledetti”, commenta lei. Entrambi alzano lo sguardo sul mare. In silenzio. Li guardo notare dei bambini che corrono. Non li sento dire che è bello vedere i bambini che fanno cose da bambini, e cioè guardare il mare senza che venga loro voglia di piangere. Non lo sento, perché non lo dicono. Ma spero sia quello che pensano. Lui poi si alza e posa il telefono in un marsupio rosso appeso all’ombrellone bianco e blu. “Mi bagno”, dice. Lei non risponde. Lui si allontana, guarda il mare prima di usarlo. Lei ripone il libro e prende il cellulare dalla tasca del copricostume lilla che appeso sulla sdraio, svolazza dietro di lei. Chissà se leggerà anche del bombardamento israeliano sulla scuola Al Awda di Gaza. Probabilmente no. Il telefono le squilla tra le mani. Risponde e inizia a parlare con qualcuno, forse un figlio. Del caldo, dell’umidità, e del fatto che neanche in spiaggia si respira.

Penso al fastidio delle iperboli, delle figure retoriche tutte, in un’esistenza piena di guerre sui bambini. “Si muore”, dice, solleticata dalla nostra scomodità occidentale, mentre guarda il marito bagnarsi.