Una multa tra i mille e i 5mila euro per chi scrive “sindaca” o “avvocata”. È quanto previsto nella bozza di proposta di legge firmata del senatore leghista Manfredi Potenti. L’obiettivo è quello di vietare negli atti pubblici “il genere femminile per neologismi applicati ai titoli istituzionali dello Stato, ai gradi militari, ai titoli professionali, alle onorificenze e agli incarichi individuati da atti aventi forza di legge”. Un intervento normativo “necessario”, secondo Potenti, per porre un freno a quella che il leghista interpreta come un’eccessiva creatività della lingua italiana nei documenti delle istituzioni. Niente più “sperimentazione linguistica”, né il “ricorso discrezionale al femminile sovraesteso”. Tutto questo deve essere vietato. Chi sgarra, nell’intenzione del senatore, dovrà essere sottoposto a una sanzione pecuniaria amministrativa.
“La presente legge intende preservare l’integrità della lingua italiana ed in particolare, evitare l’impropria modificazione dei titoli pubblici, come ‘Sindaco’, ‘Prefetto’, ‘Questore’, ‘Avvocato’ dai tentativi ‘simbolici’ di adattarne la loro definizione alle diverse sensibilità del tempo”, si lette nel testo. “Occorre scongiurare che la legittima battaglia per la parità di genere, al fine di conseguire visibilità e consenso nella società, ricorra a questi eccessi non rispettosi delle istituzioni”, si spiega. E, per questo, si ritiene “necessario un intervento normativo che implichi un contenimento della creatività nell’uso della lingua italiana nei documenti delle istituzioni”. Nell’articolo 3 è messo nero su bianco il “divieto del ricorso discrezionale al femminile o sovraesteso od a qualsiasi sperimentazione linguistica. È ammesso l’uso della doppia forma od il maschile universale, da intendersi in senso neutro e senza alcuna connotazione sessista”. Obiettivo – come recita l’articolo 1 – è “preservare la pubblica amministrazione dalle deformazioni letterali derivanti dalle necessità di affermare la parità di genere nei testi pubblici”. Capitolo a parte le multe (articolo 5): “La violazione degli obblighi di cui alla presente legge comporta l’applicazione di una sanzione pecuniaria amministrativa consistente nel pagamento di una somma da 1.000 a 5.000 euro”.