La coscienza non è una prerogativa esclusiva dell’uomo. Anche gli animali possono averne una e la scienza ne sta progressivamente accumulando le prove. Ma è complicato riuscirci. La coscienza, infatti, è un concetto tremendamente difficile da definire: è consapevolezza, o consapevolezza di quella consapevolezza o autoconsapevolezza? A darne una definizione utile, offrendo interessanti spunti di riflessione sull’argomento, è un recente articolo pubblicato sulla rivista New Scientist, secondo il quale la coscienza è “un qualsiasi tipo di esperienza soggettiva, che va da come percepiamo il mondo esterno ai nostri pensieri ed emozioni interiori”. Tuttavia, visto che non puoi entrare nella testa di un altro essere vivente, è difficile riuscire a trovare prove inconfutabili della presenza o meno di una coscienza.

Ci sono cinque elementi che caratterizzano l’esperienza cosciente. Il primo è quanto bene un animale percepisce ciascuno dei suoi sensi; il secondo è quanto bene un animale valuta la differenza tra bene e male; poi quanto un animale è in grado di riunire le informazioni sensoriali in un’unica esperienza; il grado in cui il passato di un animale modella il comportamento presente e i suoi piani futuri; e il sentimento di individualità. A questi “elementi-guida” gli animali rispondono con gradazioni diverse. I membri della famiglia dei corvi, ad esempio, possono essere abili ad apprendere dalle esperienze passate. Sia i polpi che le api sembrano divertirsi a giocare, il che suggerisce che possono provare piacere. Questo è legato alla capacità di percepire la differenza tra il bene e il male. Invece, il numero di animali che superano il famoso “test dello specchio”, dimostrando di riconoscere sé stessi davanti al proprio riflesso, e quindi di avere un senso di individualità, è in continua crescita e include alcuni pesci. Ma, curiosamente, non i cani.

Scoperte come queste hanno spinto un gruppo di scienziati, lo scorso aprile, a scrivere la Dichiarazione di New York sulla coscienza animale, che ora ha oltre 300 firmatari. Nel documento si afferma che esiste un “forte supporto scientifico per le attribuzioni di esperienza cosciente” nei mammiferi e negli uccelli e “almeno una possibilità realistica di esperienza cosciente” nei pesci, negli anfibi, nei rettili e in alcuni invertebrati, tra cui molluschi, crostacei e insetti. Se l’ultima parte del documento può sembrare azzardata, cioè il riconoscere una coscienza agli insetti, oggi sembra essere piuttosto pacifico che mammiferi e uccelli sperimentino un certo grado di esperienza cosciente.

Nel 2012, gli scienziati hanno ritenuto necessario emanare una Dichiarazione di Cambridge sulla Coscienza, la quale afferma che “il peso delle prove indica che gli esseri umani non sono gli unici a possedere i substrati neurologici che generano la coscienza”. Questa dichiarazione sottolinea che tutti i mammiferi e gli uccelli, e alcuni altri animali come i polpi, hanno il “macchinario neurale” necessario per generare stati di coscienza e comportamenti intenzionali. Insomma, come diceva Charles Darwin: se noi, gli umani, abbiamo qualcosa, allora è probabile che anche loro, gli altri animali, ce l’abbiano. Coscienza compresa.

Lo studio

Valentina Arcovio

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