Calcio

“I giovani devono scappare all’estero”: i dati dicono che non siamo in grado di far crescere talenti | L’inchiesta sul calcio italiano in crisi

“Sai cosa? Io l’ho detto anche ai dirigenti, ma non ci vogliono ascoltare: i ragazzi italiani devono giocare all’estero. Devono uscire da qui”. Chi ha parlato a ilfattoquotidiano.it ha chiesto di rimanere omonimo. Ma il concetto è stato ribadito allo stesso modo da più persone: sono in molti a confermare una tendenza che parte da […]

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“Sai cosa? Io l’ho detto anche ai dirigenti, ma non ci vogliono ascoltare: i ragazzi italiani devono giocare all’estero. Devono uscire da qui”. Chi ha parlato a ilfattoquotidiano.it ha chiesto di rimanere omonimo. Ma il concetto è stato ribadito allo stesso modo da più persone: sono in molti a confermare una tendenza che parte da qualche dato, si riflette su un risultato e rafforza la convinzione di quanto il calcio italiano sia in crisi. Sono tutti addetti ai lavori a diversi livelli (scout, agenti o allenatori). E tutti dicono la stessa: per valorizzare un calciatore in Italia, non deve giocare in Italia. Almeno per un po’ di tempo.

Gli italiani militano quasi tutti in Serie A…
Fino ad oggi sono pochissimi i calciatori italiani ad andare all’estero. Come evidenziato da un rapporto del CIES, una delle fonti più autorevoli di statistiche sullo sport, la Nazionale Italiana ha soltanto un 12% di suoi giocatori al momento all’estero. Una statistica che la accomuna all’Inghilterra (che ne ha soltanto l’8%) e che pone la squadra di Spalletti al penultimo posto rispetto a tutte le partecipanti a Euro 2024. Al primo posto? L’Albania (100%). La Spagna? Quartultima, con il 27%. Vanno fatte però delle specifiche. L’Inghilterra, finalista agli Europei, ha il campionato più prestigioso del mondo. La vincitrice Spagna, invece, è un riferimento virtuoso: può vantare molte squadre con le cantere storicamente più interessanti. Altrimenti non si parlerebbe così tanto di un giocatore come Yamal. L’Italia invece è più indietro: l’ha dimostrato anche la prima puntata dell’inchiesta del fattoquotodiano.it, legata ai costi delle scuole calcio, dove il talento viene insegnato solo a chi può davvero permetterselo e dove la materia prima – i calciatori – è in costante calo.

…ma in Serie A giocano soprattutto gli stranieri
Il talento quindi va ricercato fuori. Ed è questo il secondo dato, che arriva sempre dalla consultazione di un’analisi portata avanti dal CIES: se in Italia si fanno crescere poco i propri talenti, al contrario si favorisce la maturazione degli altri. E il paradosso incredibile porta a raccontare che per quanto i giocatori italiani selezionati da Spalletti siano quasi tutti in Serie A, in realtà il campionato italiano è secondo solo all’Inghilterra per la percentuale di minuti giocati da calciatori stranieri, su cui quindi il ct della Nazionale non può fare affidamento. Le percentuali sono quasi impietose: il 62,4% dei giocatori in Serie A con maggiore minutaggio è straniero. L’Inghilterra è al 63,1%, ma con un livello decisamente più alto. La Spagna, che ora (anche se tardivamente) viene vista come un modello, è al 39,1%. Quasi la metà rispetto all’Italia.

Lo stesso trend anche in Primavera e Serie B
Il quadro è ancora più drammatico se si considerano i dati dei campionati giovanili o delle altre competizioni, che di solito possono diventare utili serbatoi da cui attingere. Anche solo tenendo in considerazione la Primavera 1 ( la Serie A della Primavera), nell’ultima stagione la percentuale di giocatori stranieri è cresciuta al 32,4%, contro il 29,2% del 2020/21. In quattro anni, le squadre hanno preferito investire di più sui giocatori di altre nazionalità. Una tendenza che si conferma anche in Serie B: nell’ultimo anno la percentuale di stranieri nelle rose si è attestata al 33,2%, con una crescita di 5 punti percentuali rispetto a quattro anni fa.

La dispersione del talento
La statistica più impattante è però quella che riguarda la crescita dei talenti coltivati nel settore giovanile. L’Italia, indipendentemente dalla nazionalità dei calciatori, è al terzultimo posto (su 53) nei principali campionati del mondo per i minuti giocati da calciatori cresciuti nel vivaio, con una percentuale di impiego del 5,5%: di pochissimo sopra a Grecia (5,4%) e Turchia (4,2%). La Spagna, che diventa il riferimento per la vittoria a Euro 2024, è undicesima al 19,6% (sempre fonte CIES). L’Inghilterra è ferma all’8%, ma con le dinamiche già spiegate poco sopra. Se il Regno Unito risolve con i soldi (tanti) per arrivare al talento, c’è chi invece deve costruirselo: l’Italia, da anni in crisi, ancora fatica.

Forse è meglio scappare
Da qui scatta l’esodo. I giovani italiani all’estero stanno iniziando a crescere: ha fatto scalpore la cessione di Casadei, il centrocampista che l’Inter a soli 19 anni ha deciso di sacrificare a titolo definitivo per abbassare la quota di riscatto del prestito di Lukaku nel 2022 (il belga poi non sarebbe nemmeno rimasto). In questa sessione di calciomercato, si sono trasferiti Andrea Natali (già al Barcellona, figlio del Cesare ex giocatore di Udinese, Torino, Bologna e Fiorentina tra gli altri) al Bayer Leverkusen e, in attesa di ufficialità, Samuele Inacio Pia (figlio dell’ex attaccante del Napoli) dall’Atalanta al Borussia Dortmund. Entrambi sedicenni, entrambi italiani, entrambi andati all’estero per poter accelerare un processo di maturazione che in Italia sarebbe bloccato. E anche se ci sono delle eccezioni (vedi Camarda), la tendenza sembra piuttosto evidente. Non tanto per chi parte, quanto per chi non viene valorizzato. “Conviene andare all’estero. Per tornare? Chi lo sa”, hanno dichiarato alcuni procuratori a ilfattoquotidiano.it. Un’Italia poco appetibile fatica a costruirsi in casa il proprio futuro. E i risultati sono così evidenti da lasciare poco spazio ad altre interpretazioni.