di Giovanni Perazzoli

Le recenti elezioni francesi offrono l’occasione per alcune riflessioni. La sinistra ha ottenuto un buon risultato, ma le ragioni della mobilitazione non coincidono con i problemi politici attuali. Non è, ad esempio, la vittoria dell’Europa sull’antieuropeismo. Questo significa che la vittoria elettorale della sinistra sulla destra estrema non riflette l’agenda politica reale. Non la riflette perché l’agenda politica ci mette di fronte a questioni che non rispecchiano più la tradizionale opposizione tra destra e sinistra. Nonostante ciò, l’elettorato continua a dividersi tra destra e sinistra, e forse questo ci salverà dal populismo.

L’agenda politica riguarda il futuro dell’Unione Europea, la sovranità nazionale, le questioni economiche e del welfare, la guerra in Ucraina, il lavoro, la disinformazione russa per dividere l’Europa, il rapporto dell’Europa con gli Stati Uniti in un contesto internazionale sempre più minaccioso. Mentre in superficie la battaglia politica sembra ancora quella tradizionale tra destra e sinistra (in questo caso, salvare la Francia dall’estrema destra), la vera contesa, non solo in Francia, è tra populisti e liberali. Da una parte ci sono coloro che vogliono screditare le società aperte, dall’altra chi le difende.

È evidente che si tratta di un arretramento rispetto al recente passato, quando certi punti erano considerati acquisiti. Populisti e liberali possono trovarsi sia a destra sia a sinistra. I populisti vogliono screditare le istituzioni occidentali, ritenute “governate da élite che cospirano contro il popolo”. Radicalizzano i loro sostenitori con retoriche polarizzanti e antagoniste, diffondono teorie del complotto e sfruttano la disinformazione e le fake news. I liberali, invece, possono trovare casa in una sinistra progressista oppure in una destra repubblicana. In entrambi i casi riconoscono i vantaggi e i successi delle democrazie liberali.

Benché dunque si possa tirare un sospiro di sollievo, la vittoria della sinistra in Francia non significa che la sinistra sia un soggetto politico in sintonia con l’agenda delle democrazie liberali. Gli “intellettuali di sinistra” hanno prodotto molta letteratura per screditare la società democratica e liberale, e molti dei loro argomenti si ritrovano nei populisti. Questa ideologia si riflette nelle contraddizioni del Nouveau Front Populaire. Diverso è il caso della vittoria di Keir Starmer nel Regno Unito, ma qui bisogna considerare che il Regno Unito non è più parte dell’Unione Europea, il che toglie argomenti ai populisti.

L’unico punto che riflette chiaramente la tradizionale distinzione tra destra e sinistra riguarda l’immigrazione. Nel welfare, populisti e liberali tornano ad essere trasversali sia a destra sia a sinistra, con un welfare populista e uno liberale. Le Pen, ad esempio, proponeva la revisione della riforma delle pensioni di Macron esattamente come Jean-Luc Mélenchon.

Per quanto complesse e vitali siano le questioni geopolitiche ed economiche, la politica interna e le narrative consolidate continuano a influenzare fortemente il comportamento elettorale. Non è detto, però, che questo giochi a sfavore delle società aperte. Infatti, la dinamica destra-sinistra permette di riassorbire il populismo dentro un orizzonte di narrative consolidate. Il vero problema delle democrazie sorge quando i populismi di destra e di sinistra si congiungono nelle incarnazioni rosso-brune. In questo senso, il momento più pericoloso per le democrazie è proprio la contrapposizione tra populisti e liberali.

In ogni caso, questo non toglie che in Francia (e non solo in Francia) si percepisca la mancanza di un soggetto politico e di una cultura liberale in grado di affrontare l’agenda politica attuale. Lo dimostra lo stesso Nouveau Front Populaire, la cui soglia di frattura passa proprio intorno ai temi centrali che costituiscono la grande questione politica di questi anni.

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