Il governo impugnerà la legge regionale pugliese sull’obbligo da parte dei cittadini dagli 11 ai 25 anni di comunicare di aver eseguito o rifiutato il vaccino contro il papilloma virus responsabile del cancro del collo dell’utero. Ad annunciarlo con un post sui social è stato il sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato (FdI). Il riferimento è alla norma che “per rendere capillare il dovere di informazione a carico delle autorità sanitarie e scolastiche sull’utilità della vaccinazione anti papilloma virus umano, così da debellare le infezioni e prevenire le relative conseguenze cancerose“, subordina l’iscrizione a scuola e all’università – salvo formale rifiuto dei genitori o dei ragazzi maggiorenni – alla presentazione di documenti che certifichino la vaccinazione anti-Hpv, la partecipazione a un colloquio sui benefici del vaccino o il rifiuto alla somministrazione. Un “dissenso informato”, come l’ha definito la Regione: un invito alla consapevolezza sui benefici dell’immunizzazione, ovviamente senza alcun obbligo visto che la vaccinazione anti Hpv è fortemente raccomandata a ragazzi e ragazze dagli 11 ai 26 anni ma non obbligatoria.

Al governo però non sta bene. Il presidente della Commissione regionale Bilancio e programmazione della Regione Fabiano Amati, promotore e primo firmatario della legge per l’aumento della copertura vaccinale anti-HPV, commenta parlando di “Italia dei paradossi”: “Stupisce l’enfasi con cui il sottosegretario Gemmato ha fornito la notizia dell’imminente impugnativa, come se fosse una nota di merito e probabilmente per eccitare gli errori del mondo no-vax. Il contegno governativo più equilibrato sarebbe stato, infatti, un suggerimento alla Regione Puglia per raggiungere con più efficacia e immediatezza l’obiettivo dell’ampia copertura vaccinale, piuttosto che uno sterile atteggiamento da giuria sul lavoro altrui, ridicolizzando un innovativo strumento giuridico come il dissenso-informato“. Ma “al ministero della salute non la pensano evidentemente così. E siccome non producono alcuna strategia, magari più efficace di quella pugliese, danno la sensazione di preferire la disinformazione e le conseguenze patogene piuttosto che l’informazione e le conseguenze salutari”. La Regione Puglia “si difenderà dinanzi alla Corte costituzionale per affermare il suo diritto a far vivere in buona salute i pugliesi, nella speranza che anche questa volta – magari con un monito – la stessa Corte possa suggerire al Governo nazionale di attivarsi in politiche di prevenzione valide sull’intero territorio nazionale, piuttosto che dilungarsi in un estenuante gioco giudiziario, fatto di tattiche che la storia delle malattie non riporterà mai nei suoi manuali se non come fatto di critica”.

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