Calcio

Gravina costretto alla resa: niente elezioni anticipate con le vecchie regole, la Serie A dovrà contare di più (per legge)

Niente elezioni anticipate. Il futuro del calcio italiano non si deciderà il 4 novembre, come voleva il presidente Gravina, che aveva forzato i tempi per bruciare gli avversari e puntare all’ennesima rielezione, ma soltanto a inizio 2025: prima di votare, infatti, andranno rivisti i pesi elettorali, come chiedeva la Serie A (che dovrà contare di più) e soprattutto come ha stabilito il parlamento, con il famoso emendamento Mulè approvato nelle scorse settimane.

È questo l’esito dell’atteso incontro in Figc tra il presidente e le varie componenti, convocato da Gravina all’indomani del cambio della normativa. Come raccontato dal Fatto, in un primo momento, il numero uno del pallone sembrava intenzionato a tirar dritto: buttare la palla in tribuna e andare a votare con le vecchie regole, che lo favoriscono, per continuare a dare lui le carte. Ma il piano si è scontrato con il ricorso presentato dalla Lega Calcio, che ha impugnato i regolamenti elettorali ritenuti illegittimi: chiara “violazione del principio democratico-rappresentativo”, e “dei principi di proporzionalità e ragionevolezza”, si legge nel documento depositato negli scorsi giorni. Una dichiarazione di guerra a cui è seguita analoga decisione da parte della Lega Serie B di Mauro Balata, che pure aveva votato contro in consiglio federale. Troppo alto il rischio di finire in tribunale, con lo spettro di un eventuale commissariamento. Anche la politica, e il ministro Andrea Abodi, hanno fatto capire a Gravina che una forzatura del genere sarebbe stata solo controproducente. Così la marcia indietro.

L’incontro odierno è servito a chiarire, come prevedibile, che trovare un’intesa immediata, così da cambiare i regolamenti entro il 4 settembre (data di scadenza ultima), era impossibile. Tanto più che non si è nemmeno entrati nel vivo delle cifre e soprattutto delle rinunce che serviranno per accontentare le richieste della Serie A. “Non ci è stata chiesta alcuna riduzione”, si è subito smarcato Giancarlo Abete, principale alleato di Gravina a capo dell’impero dei Dilettanti, che oggi da solo vale il 34% ed è l’indiziato numero ad essere ridimensionato, se davvero i tornei professionistici dovranno arrivare al 50%.

Nessun accordo, dunque. Ma la conseguenza non sarà quella di andare al voto con la situazione cristallizzata, bensì di rinviare le urne. Le parti, e lo stesso Gravina, hanno convenuto di dover affrontare la riforma prima del voto, e di doverlo fare nelle sedi preposte: ovvero il consiglio federale, già convocato per lunedì 29 luglio, e soprattutto il confronto assembleare, necessario per modificare lo statuto. L’assemblea del 4 novembre da elettiva diventerà straordinaria, proprio per recepire le modifiche che intanto saranno state concordate. Solo dopo si potrà andare a votare per la nuova governance del calcio italiano, a questo punto orientativamente tra gennaio e marzo 2025, come previsto in origine.

Ovviamente la partita è tutt’altro che chiusa. Rimane il merito della questione: ovvero i contenuti della riforma, i nuovi numeri sui pesi elettorali, da cui dipenderanno le alleanze e le elezioni. L’accordo sembra ancora lontano, anche perché la Lega guidata da Lorenzo Casini si aspetta non solo l’aumento delle sue percentuali ma anche concessioni importanti sul diritto di veto e sul tema dell’autonomia. Soprattutto, la Serie A non accetterà che a gestire la pratica sia il presidente in carica, considerato in totale conflitto di interessi. Per questo verrà chiesta la nomina di un commissario ad acta per la modifica dello statuto, che dovrà essere poi solo ratificato dall’assemblea straordinaria.

X: @lVendemiale